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Sindrome da burnout lavorativo: significato, diritti, come tutelarsi

La sindrome da burnout può sorgere in conseguenza di un grave stress lavorativo. I lavoratori che ne soffrono possono però avere diritto a forme di tutela e di aiuto.

Lo stress sul lavoro è un problema che affligge molti lavoratori: nei casi più gravi si possono raggiungere condizioni estreme di disagio psicologico e fisico, come la sindrome da burnout, che rendono impossibile svolgere adeguatamente le proprie mansioni e godere di un livello minimo di benessere personale.

Vediamo che cos’è la sindrome da burnout esattamente, in quali circostanze si origina e quali sono le sue conseguenze, analizzando anche quali sono i diritti dei lavoratori che ne soffrono.

Burnout Lavorativo: Definizione di cos’è

Il burnout lavorativo è una sindrome che emerge come risultato di una prolungata esposizione a stress elevato nel contesto lavorativo. Questa situazione deriva tipicamente da uno squilibrio percettivo tra le richieste del lavoro, spesso eccessive, e le risorse individuali, fisiche e mentali, che una persona ha a disposizione per rispondere a tali richieste.

In condizioni normali, una certa dose di stress è un fattore motivante, spingendo l’individuo a reagire efficacemente agli stimoli e a rispondere alle sfide. Tuttavia, quando lo stress diventa eccessivo o costante, può portare a un rischio serio per la salute, riducendo la capacità complessiva di un individuo di funzionare efficacemente nel contesto lavorativo.

Quando si parla di burnout, si riferisce al punto di esaurimento estremo. Le persone affette da burnout spesso sperimentano una vasta gamma di sintomi negativi: dal lato psicologico, questi possono includere sentimenti di apatia, nervosismo, inquietudine e demoralizzazione. Allo stesso tempo, possono presentarsi problematiche fisiche come mal di testa, disturbi del sonno e problemi gastrointestinali.

Il burnout lavorativo è un serio problema di salute correlato al lavoro, che può portare a un declino delle prestazioni professionali e può avere ripercussioni significative sulla salute generale e sul benessere di un individuo.

 

 I lavoratori più esposti alla sindrome da burnout

Lo stress lavoro correlato interessa maggiormente alcune specifiche categorie professionali, quali:

  • medici, operatori sanitari e infermieri, in quanto sottoposti alla responsabilità di provocare potenziali rischi e danni ad altre persone a causa di propri errori lavorativi;
  • poliziotti e membri delle forze dell’ordine, che quotidianamente vanno incontro a pericoli per la propria incolumità e possono soffrire a causa della grande responsabilità che ricopre la loro funzione per la società;
  • insegnanti, a causa delle difficoltà di interazione con gli studenti e il contesto scolastico;
  • assistenti sociali, per la loro esposizione a fenomeni di disagio a livello familiare e sociale;
  • autotrasportatori e addetti a lavori pesanti, in virtù della difficoltà e del peso delle loro mansioni.

Ovviamente, nonostante queste professioni comportino un maggiore rischio per i lavoratori di ritrovarsi in burnout, si tratta di una condizione che può interessare qualsiasi lavoratore di ogni settore e ambito.

In base alle normative vigenti, lo stress lavoro correlato deve essere valutato tra i rischi aziendali. Già il Testo unico sulla sicurezza (D. Lgs. 81/08), assieme ad altri decreti del Ministero della sanità, invita a studiare dei criteri per la sua prevenzione in ogni contesto lavorativo.

 Cos’è l’esaurimento da lavoro

La sindrome da burnout è una delle conseguenze che possono nascere da un forte stress lavoro correlato, soprattutto in contesti lavorativi che richiedono ripetute relazioni interpersonali. In italiano, l’espressione può essere tradotta con termini come esaurimento emotivo o crollo psichico.

Il fenomeno è stato individuato da Maslach e Freudenberger negli anni Settanta, ma è stato accolto rapidamente anche dall’OMS. I risultati degli studi più recenti dimostrano che esso colpisce per lo più chi è impegnato nelle professioni d’aiuto (dall’inglese “helping professions”), come alcune di quelle già citate: assistente sociale, medico, psicologo, psichiatra, terapista; il burnout, dunque, è più frequente in tutti coloro che per ragioni lavorative entrano ogni giorno in contatto con situazioni di sofferenza o disagio di altre persone.

Inoltre, tende a svilupparsi nei casi in cui la persona che è impiegata in quella mansione è, per i più diversi motivi psicologici, molto distante dalla natura del lavoro stesso.

Infatti, soprattutto nelle professioni d’aiuto, è frequente che al lavoratore venga richiesto un carico di lavoro che conduce talvolta a sacrificare la vita privata (affetti, amicizie, hobby, sport e così via). Se poi il lavoro non risulta appagante, o gli obiettivi che il lavoratore si pone sono irrealizzabili, è possibile che quest’ultimo cada appunto in una condizione medica di crollo e di crisi.

 I sintomi del burnout da lavoro

La sindrome da burnout può manifestarsi in diversi modi, con una serie di sintomi che non devono essere sottovalutati, in quanto richiedono la massima attenzione nella gestione di una situazione psicologica complessa.

Tra i principali sintomi psicologici dello stress lavorativo ci sono:

  • sensazione di fallimento;
  • bassa autostima;
  • cinismo;
  • insoddisfazione;
  • assenza di motivazioni;
  • distacco dal proprio lavoro;
  • perdita della speranza;
  • procrastinazione eccessiva;
  • assenteismo dal lavoro;
  • rinuncia ad assumersi responsabilità.

Allo stesso tempo, esistono dei sintomi fisici da burnout che possono indicare una condizione di malessere del lavoratore, anche potenzialmente grave:

  • malattie frequenti;
  • difese immunitarie basse;
  • difficoltà a dormire;
  • mal di testa frequenti;
  • dolori muscolari;
  • stanchezza;
  • cambiamenti nell’appetito.

 Le conseguenze dello stress da lavoro

Lo stress da burnout, secondo le classificazioni della psicologia, può causare una serie di conseguenze:

  • un cattivo rapporto tra la persona e il suo lavoro, quando il lavoratore ha la sensazione di essere inadeguato, non riesce ad adattarsi alle mansioni richieste e si rinchiude nella negatività del suo isolamento psichico;
  • un calo dell’impegno e della produttività, anche se il lavoro di per sé offre prospettive di carriera o di realizzazione personale, il soggetto lo percepisce come un fallimento e non è più motivato a svolgerlo al meglio;
  • delle problematiche emozionali, in quanto possono manifestarsi tensioni e sentimenti (impossibili da gestire) di frustrazione, ansia, paura o rabbia verso se stessi, il proprio vissuto, i colleghi e l’attività, fino alla perdita del controllo.

A seconda di queste conseguenze immediate, a lungo termine il burnout può comportare anche:

  • esaurimento, depressione, ansia o segni di una condizione sociale compromessa (es. insonnia, irritabilità, stanchezza). È la forma più comune di reazione a uno stress lavorativo non più sopportabile, che causa mancanza di energia, impossibilità di recuperare sul piano fisico o emozionale, attacchi di panico, abuso di sostanze, mancanza di motivazione. Va trattata con sedute di psicoterapia prima che la somatizzazione determini un sovraccarico e renda la vita impossibile;
  • inefficienza, mancanza di concentrazione, indifferenza e assenteismo, quando la persona che soffre di burnout non è motivata a lavorare, percepisce una propria inadeguatezza e finisce spesso per avere la falsa consapevolezza che chi la circonda stia lavorando contro i propri sforzi, di conseguenza non è motivata a svolgere le proprie mansioni con costanza;
  • distacco emotivo, apatia, depersonalizzazione e mancanza di prospettive, un atteggiamento di rassegnazione che può condurre il lavoratore a tentare di non farsi coinvolgere da quello che fa, così da proteggersi dalla delusione o dallo scontro con gli altri.

 Sindrome da burnout: i diritti del lavoratore

Il lavoratore affetto da una sindrome da burnout ha la possibilità di far valere i propri diritti, solo se lo stress causa una patologia vera e propria. Lo stress in quanto tale, infatti, non è misurabile, ed è tenuto in considerazione dalla medicina del lavoro solo se si sviluppa in una malattia professionale psichica o fisica.

Ad esempio, se la sindrome da burnout conduce a un disturbo depressivo maggiore, allora al lavoratore è riconosciuta una forma di invalidità, che si manifesta in una diminuzione della capacità di lavorare (dal 10% all’80%, a seconda della gravità diagnosticata).

Sul piano fisico, invece, la sindrome da burnout può causare dolori e problemi a diversi organi, dal cuore al fegato. Tali condizioni patologiche vanno ovviamente valutate caso per caso. Qualora generino difficoltà tali da garantire il riconoscimento dell’invalidità, il lavoratore ha diritto naturalmente ad apposite forme di assistenza.

È possibile, tra le altre cose, che venga assegnato un assegno di invalidità ordinario o civile. Se la sindrome da burnout conduce a conseguenze gravissime (fino al 100% di invalidità) è possibile anche veder riconosciuta la pensione di invalidità.

Per le assenze giustificate, anche per le cause legate al burnout valgono le medesime condizioni che si applicano alle altre patologie, comunque emerse o suscitate.

 Come tutelarsi dallo stress da lavoro

Un aspetto importante riguarda la prevenzione della sindrome da burnout, un approccio che dovrebbe essere sia del singolo lavoratore, resta uno tra i punti trattati nel corso per gestire lo stress, sia del datore di lavoro, per evitare la perdita di talenti e, in generale, la riduzione dell’efficienza e della produttività dei propri dipendenti a causa dello stress da lavoro.

Tra le misure che possono essere adottate ci sono:

  • miglioramento della scelta degli incarichi e delle figure professionali, affinché ad ogni lavoratore vengano affidati compiti e mansioni adatti alle sue competenze, capacità e condizioni psico-fisiche;
  • modelli di selezione del personale più efficienti, in grado di tenere conto anche degli aspetti psicologici legati alle professioni;
  • adozione di apposite strategie per individuare i lavoratori a rischio burnout, al fine di intervenire rapidamente prima che la persona sviluppi patologie gravi;
  • inserimento di figure specializzate a sostegno dei lavoratori, come un counselor negli uffici per fornire supporto ai dipendenti che ne sentono il bisogno;
  • prevedere anche corsi di crescita professionale e percorsi di formazione specifici sulla sindrome da burnout, per fornire ai lavoratori gli strumenti necessari per imparare a rilevare tali condizioni in se stessi e negli altri.

In generale, per prevenire il burnout negli ambienti di lavoro è necessario un cambio di mentalità, introducendo una nuova cultura aziendale che tenga conto anche dello stress da lavoro e delle sue conseguenze sulla salute e la produttività del business.