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Lavoratori “Fragili” e Covid-19: la normativa nazionale

Nel clima di ripresa, seppur cauta e parziale, che sta interessando l’attività lavorativa e produttiva del paese (ma non dell’agognata didattica in presenza, con buona pace di docenti, genitori e del popolo della scuola), il Protocollo condiviso del 14 marzo 2020 ha stabilito che la sorveglianza sanitaria deve proseguire rispettando le misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute, e nella fattispecie nel cosiddetto decalogo elaborato dallo stesso Ministero di concerto con l’Istituto Superiore di Sanità.

Il documento poi prosegue sottolineando che, in questo periodo, a causa delle condizioni imposte dalla pandemia “vanno privilegiate le visite preventive, le visite a richiesta e le visite da rientro da malattia”, e che, di conseguenza, “la sorveglianza sanitaria periodica non va interrotta, perché rappresenta un’ulteriore misura di prevenzione di carattere generale: sia perché può intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio, sia per l’informazione e la formazione che il medico competente può fornire ai lavoratori per evitare la diffusione del contagio”.

Esso, quindi, insiste sulla necessità di continuare a eseguire le regolari visite di controllo dei lavoratori, e dà comunicazione del fatto che “nell’integrare e proporre tutte le misure di regolamentazione legate al COVID-19 il medico competente collabora con il datore di lavoro e il RLS/RLST” (il Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza) per poi chiudere la serie delle disposizioni riguardanti le misure sanitarie da attuarsi sui luoghi di lavoro con un accenno alle “situazioni di particolare fragilità”.

 

“Situazioni di particolare fragilità”: definizione

L’espressione utilizzata nel Protocollo ha generato dubbi e domande, alle quali, nei mesi successivi, il Ministero del Lavoro ha cercato di rispondere con una circolare diffusa il 04/09/2020 e dedicata espressamente all’aggiornamento e al chiarimento delle indicazioni fornite su questo argomento.

Il documento (in rapporto agli studi in ambito epidemiologico) spiega che la condizione di fragilità a cui il Protocollo allude è quella in cui si trova il lavoratore o la lavoratrice sul quale (o sulla quale) l’infezione potrebbe produrre gravi effetti, per via della presenza di una patologia pregressa (di tipo cardiovascolare, respiratorio o dismetabolico) e dell’età.

Schematizzando, possiamo affermare che per “lavoratori fragili” devono intendersi quei lavoratori che:

  • sono affetti da deficit del sistema immunitario;
  • sono affetti da patologie gravi;
  • essendo sottoposti a una cura, fanno uso di farmaci immunodepressori;
  • hanno più di 65 anni;

e infine le donne in stato di gravidanza.

 

Le donne in gravidanza

Benché non vengano espressamente menzionate nella Circolare sopra citata, le donne in gravidanza rientrano a pieno titolo nella categoria dei lavoratori “fragili”.

Lo aveva messo in evidenza l’Istituto Superiore di Sanità, nel marzo del 2020, avvalendosi degli strumenti normativi già a disposizione in Italia per la tutela della lavoratrici in stato di gravidanza.

A questo proposito l’Istituto richiamava gli artt. 7, 8, 11, 12, 17 del D. Lgs. 151/01 e L. 35/2012, secondo i quali il Datore di lavoro è tenuto a identificare le mansioni e i lavori che possono costituire un rischio per le donne in gravidanza e/o in allattamento, e quindi predisporre, per ciascuna di esse adeguate misure di prevenzione e protezione.

Tra i rischi ai quali allude il D. Lgs. 151/01, secondo la definizione fornita dall’art. 267 del D. Lgs. 81/08, rientra anche il rischio biologico e quindi, in definitiva, anche quello determinato dal SARS-CoV-2.

Per queste ragioni, l’Istituto, che si rivolgeva specificamente alle operatrici sanitarie che operano a stretto contatto con casi da Covid-19, auspicava il loro collocamento in mansioni compatibili con la loro condizione.

 

Le procedure da mettere in atto

Il personale in condizioni di salute “sensibili” e particolari (es. immunodepressi, cardiopatici, soggetti con malattie croniche, donne in stato di gravidanza, ecc.) espone la propria situazione al medico di base e al medico competente dell’Azienda (previa richiesta al Datore di Lavoro), per valutare l’adozione o meno di misure di prevenzione e protezione specifiche.

A tal proposito va predisposta un’informativa rivolta ai lavoratori specificando che, in forza di quanto previsto (cioè con riferimento al Protocollo condiviso del 14 marzo 2020 di regolamentazione per le misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, ed alle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica) l’azienda, oltre a dare rigorosa applicazione ai contenuti dei Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è tenuta, nella persona del Datore di Lavoro, a prestare attenzione particolare a tutti i “lavoratori fragili”.

Per coloro che rientrano nella nozione sopra indicata, dal momento che sono esposti ad un grave rischio, occorre valutare particolari misure di tutela e/o l’allontanamento dal posto di lavoro: il Datore di Lavoro è quindi invitato ad informare tutti i lavoratori e le lavoratrici dell’azienda della possibilità (ma anche dell’importanza) di segnalare le eventuali situazioni di particolare fragilità di cui siano portatori e portatrici.

I lavoratori, quindi, una volta informati, dovranno farsi a loro volta parte attiva nel segnalare il loro stato al Medico Competente.

Il lavoratore dovrà trasmettere tutta la documentazione utile a comprovare la sua condizione di “lavoratore fragile”: a tal fine potrà essere accettata soltanto la documentazione sanitaria prodotta da strutture o professionisti sanitari appartenenti al S.S.N. o con esso convenzionati.

Il Medico Competente, una volta valutata la documentazione medico-sanitaria trasmessa nonché la mansione svolta dai lavoratori, esprimerà un giudizio di merito che potrà comportare anche una variazione provvisoria del Giudizio di Idoneità, ovvero fornirà al Lavoratore la facoltà di avanzare una formale richiesta di ulteriore visita secondo quanto previsto dal regolamento nel settore della sicurezza sul lavoro (nella fattispecie ai sensi dell’art. 41 comma 2 lettera c. del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.,) provvedendo in merito.