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La DAD e le sue controversie: sarà davvero l’unica soluzione per una didattica sicura ?

Con ordinanza n. 1946/2021 depositata lo scorso 26 marzo, il Tribunale Regionale del Lazio ha accolto la domanda cautelare, presentata da un gruppo di genitori, di studenti e del Comitato “A Scuola!”, per la sospensione dell’efficacia del DPCM 2 marzo 2021 nella parte in cui ha disposto in zona rossa l’interruzione delle attività didattiche in presenza delle scuole di ogni ordine e grado. Il TAR Lazio ha infatti ordinato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di riesaminare tali misure entro il 2 aprile 2021, riconoscendo che esse “non appaiono supportate da una adeguata istruttoria”.

Il Comitato, assistito dalla prof. Barbara Randazzo, socia dello studio Onida Randazzo e ass. e docente di Diritto costituzionale alla Statale di Milano, si è posto come portavoce di quella parte del mondo della scuola che ritiene che i benefici della didattica in presenza siano maggiori rispetto ai rischi, tanto più che l’applicazione a livello regionale delle fasce cromatiche rischia di perdere di vista la reale complessità del territorio, fatto di aree più colpite ed altre invece che appaiono maggiormente sotto controllo.  Si chiede pertanto che la chiusura venga applicata solo in caso di reale necessità e limitatamente alle porzioni di territorio in cui risulta essere più difficile la gestione del contagio; l’automatismo della misura applicata sull’intero territorio regionale classificato “zona rossa”, lascia infatti perplesso anche il TAR: per la sua rigidità e assolutezza, esso appare incompatibile con i limiti di proporzionalità e adeguatezza cui devono soggiacere anche i provvedimenti emergenziali.

Va detto, inoltre, che non sono state rilevate evidenze incontrovertibili in grado di comprovare la stretta connessione tra apertura delle scuole e diffusione del contagio, così come le analisi condotte “non dimostrano una situazione di aumentata pericolosità a livello di crescita dei contagi, diffusione di focolai scolastici, trasmissione secondaria in ambito scolastico, aumentato rischio per individui in età scolare di trasmettere la variante inglese.”

Spetta quindi ora al Governo chiedere conto al CTS delle ragioni che lo hanno indotto a chiedere l’adozione di una siffatta drastica misura, misura che sta moltiplicando le diseguaglianze sociali e inducendo gravi danni alla salute fisica e psichica dei più giovani. Chissà che possa essere la volta buona anche per noi italiani per scoprire il grande valore della formazione delle nuove generazioni, investendo risorse per garantire una scuola in presenza, inclusiva ma al contempo sicura (in Austria, ad esempio, dopo un periodo di lockdown totale, le scuole hanno riaperto lo scorso 8 febbraio, ma gli alunni devono sottoporsi ad un test ogni settimana. Solo quanti hanno eseguito un test sono potuti rientrare in classe mentre gli altri seguono le lezioni in didattica a distanza. I test vengono somministrati nelle scuole e le classi dei ragazzi più grandi sono divise in gruppi meno numerosi).  Alcune proposte in questa direzione pare stiano arrivando.