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Cromo esavalente: rischi per la salute e limiti per l’esposizione

Il cromo, individuato dal simbolo Cr, è un elemento chimico raramente reperibile in forma libera in natura. Presenta diversi stati di ossidazione (si va da -4 a +6) e ognuno di questi si comporta in maniera differente nell’ambiente, determinando specifici composti; tuttavia, gli stati più diffusi sono 3:

  1. Cr (0), presente nel cromo naturale o metallico;
  2. Cr (III), o cromo trivalente, presente nei composti del cromo (sia in forma insolubile, sia in forma solubile);
  3. Cr (VI), o cromo esavalente, che si presenta come ione cromato e dicromato.

Se il cromo metallico è abbastanza raro in natura, il cromo trivalente ed esavalente, invece, sono gli stati più comuni di questo elemento nell’ambiente, seppure fortemente distinti per proprietà fisico-chimiche e reattività biochimica: infatti, mentre il cromo trivalente viene considerato essenziale alla dieta umana e al funzionamento degli organismi viventi in genere, il cromo esavalente produce pericolosi effetti tossici, che interessano interi sistemi biologici.

I principali usi del cromo

Per un secolo a partire dall’anno della sua scoperta (1797), il cromo è rimasto in laboratorio, come oggetto di studi di chimica e di fisica. È stato soltanto nella prima metà del ’900, che, grazie al progresso della tecnologia, le industrie hanno iniziato a fare un uso crescente di questo metallo – come di altri, quali ferro, rame, alluminio, stagno, piombo e nichel.

Attualmente, il cromo e i suoi composti (il dicromato di potassio e l’acido cromico) continuano a essere utilizzati per:

  • la produzione e la lavorazione dell’acciaio nelle imprese del settore metallurgico, e nell’azienda galvanica;
  • la produzione di smalti e vernici;
  • la colorazione del vetro;
  • la concia delle pelli;
  • la produzione tessile;
  • la fabbricazione di prodotti a base di cromo;
  • la pulitura della vetreria di laboratorio (in questo caso si utilizza la miscela cromica).

Il cromo esavalente, invece, viene anche adoperato nella fabbricazione di rivestimenti metallici (ad esempio, la cromatura galvanica), che conferiscono ai prodotti resistenza alla corrosione e una finitura lucida, ma anche in quella di smalti e vernici, poi come catalizzatore nelle tinture e nell’annerimento delle pelli, e infine per la conservazione del legno (sotto forma di dicromato di rame o arseniato di rame cromato).

Rischi ed effetti dell’esposizione al cromo esavalente

La US Environmental Protection Agency (USEPA, 1998) ha riconosciuto l’elevata tossicità del cromo esavalente, classificandolo come cancerogeno per l’uomo, e così la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), che lo ha incluso nell’elenco degli agenti cancerogeni; mentre la World Health Organization (WHO) ne ha descritto con precisione gli effetti in un particolareggiato report sul rapporto tra cromo, salute umana e qualità dell’ambiente.

Stando alle informazioni diffuse dal Ministero della Salute, l’esposizione per via inalatoria ad alte concentrazioni di cromo esavalente causa ulcerazione e perforazione del setto nasale, problemi respiratori, eruzioni cutanee, indebolimento del sistema immunitario nonché danni allo stomaco, al fegato e ai polmoni; oltre a ciò, si è riscontrato che l’esposizione per inalazione è associata all’insorgenza di tumori, in particolare cancro al polmone, ai seni nasali e al naso.

Chiaramente, sono soggetti a questo tipo di rischio i lavoratori impiegati nei settori produttivi già citati, perché esposti a questa sostanza nel processo di saldatura, taglio e riscaldamento di leghe, ma anche coloro che vivono in aree vicine agli impianti in cui hanno luogo queste attività.

I risultati degli studi non consentono di escludere neppure un legame tra cancro ed esposizione cutanea ripetuta, mentre sono già acclarate le proprietà del Cromo VI relative alla sensibilizzazione cutanea, anche a un livello di concentrazione piuttosto basso. In questo caso, il rischio è quello di assorbimento della sostanza attraverso la pelle, e riguarda ancora una volta i lavoratori che sono esposti al contatto con la sostanza, ma anche la popolazione generale, nella misura in cui può entrare a contatto con legno trattato con dicromato di rame o arseniato di rame cromato, o pelle conciata.

Limiti all’esposizione al cromo esavalente nei luoghi di lavoro

In attuazione della direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, “relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro, in data 9 giugno 2020 è stato pubblicato il decreto legislativo n. 44, con il quale si sancisce una significativa riduzione del valore limite di esposizione professionale, con dosaggio pari a 0,005 mg/m3.

Questa misura, intesa a garantire la sicurezza dei lavoratori, deve chiaramente essere integrata da un adeguato servizio di prevenzione e protezione, che non dovrà prevedere soltanto una rigorosa valutazione del rischio attraverso il monitoraggio dell’ambiente e dell’esposizione personale, ma dovrà anche provvedere a formare e informare i lavoratori sui rischi legati alle attività svolte, e sulle precauzioni da adottare per difendersene.

Cromo esavalente e contaminazione delle acque destinate al consumo umano

Senza dubbio una delle maggiori fonti di pericolo per la salute è rappresentata dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano. Vediamo come si esprime la normativa in merito.

Il decreto legislativo n. 15, emesso il 23 aprile 2006, ha stabilito come parametro per “le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile” il valore limite di 50 µg/l per il Cromo, mentre per le “acque sotterranee” una soglia di contaminazione di 50 µg/l per il Cromo totale e di 5 µg/l per il Cromo (VI), superato il quale si impone una valutazione del rischio; poi, con il decreto ministeriale 14 novembre 2016, emanato dal Ministero della Salute in accordo con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, è stata sancita una riduzione del limite precauzionale per il Cromo VI, ora pari a 10 µg/l.

In alcune aree dell’Italia settentrionale, quello della contaminazione da cromo esavalente è un annoso problema, che talvolta ha imposto la necessità di mettere in sicurezza interi comuni attraverso l’attuazione di procedure di bonifica. Attraverso l’analisi dei pozzi, è stato portato alla luce l’inquinamento del suolo e della falda acquifera sottostante, dovuto alla presenza di tracce di cromo esavalente (ma anche di altre sostanze nocive, come pesticidi e cobalto): infatti, al suo sversamento nel terreno insieme ai rifiuti prodotti dalle attività industriali, segue il suo trasporto fino alle acque sotterranee, agevolato dalla sua elevata solubilità.