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Idoneità al Lavoro: cosa avviene quando il medico competente dichiara un soggetto non idoneo alla mansione?

È possibile che all’interno di un’azienda uno o più dipendenti incorrano in problemi che ne compromettono l’idoneità psico-fisica per lo svolgimento delle proprie mansioni. La legge ha stabilito, in più interventi, come gestire queste situazioni, a tutela del datore di lavoro e degli stessi dipendenti.

A determinate condizioni, l’inidoneità permanente al lavoro può costituire un giustificato motivo per il licenziamento; in molti casi, tuttavia è possibile ricollocare il lavoratore inidoneo in un altro settore aziendale.

Ecco come si accerta lo stato di inidoneità, quali sono le sue conseguenze, e che cosa sostengono le norme e le sentenze più recenti riguardo al licenziamento dovuto a inidoneità lavorativa.

Idoneità al lavoro: la visita professionale

Il medico competente, nel nuovo impianto legislativo, diviene un soggetto giuridicamente obbligato all’effettuazione degli accertamenti sanitari. Il mancato assolvimento dell’obbligo è sanzionato penalmente con l’arresto o con l’ammenda.

Per legge il medico competente deve compiere un servizio di sorveglianza sanitaria che consiste, fondamentalmente, nell’effettuare una visita medica ai dipendenti. Si può trattare di una visita preventiva, periodica, su richiesta del lavoratore, per cambio di mansione, per cessazione del rapporto o alla ripresa del lavoro. Va detto che le visite non possono essere fatte per accertare uno stato di gravidanza.

Ad ogni modo non ci sono dubbi che una corretta attività di prevenzione, anche in termini di igiene sul posto di lavoro, di cui è responsabile l’amministrazione aziendale, può contribuire al non emergere di una malattia o di un altro problema che comprometta l’idoneità dei lavoratori. In particolare, è indispensabile che il datore di lavoro provveda all’esecuzione di tutte le norme relative alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, inclusi i casi di attività a rischio minimo, molto spesso sottovalutate nell’ambito della valutazione dei rischi aziendali.

Il decreto prevede l’esecuzione, nei casi di esposizione a rischi professionali indicati dalla normativa vigente, sia degli accertamenti sanitari preventivi (per constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati), sia di quelli periodici (per controllare nel tempo lo stato di salute dei lavoratori), e ne indica la finalità: la valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.

Entrambe le tipologie di accertamento sono volte a verificare la presenza o la eventuale insorgenza di motivi di salute gravi che precludano lo svolgimento di una o più mansioni cui il lavoratore è addetto. In ogni caso, l’accertamento di tali fatti non può essere eseguito in deroga alle norme vigenti, né parzialmente né totalmente.

Tale attività, in caso di esito positivo, sfocia nella produzione della documentazione richiesta: il certificato di idoneità.

Quando il medico competente lo ritenga necessario ai fini dell’espressione del giudizio di idoneità, può richiedere l’esecuzione di esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio oltre che avvalersi della collaborazione di medici specialisti (scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri).

Con il nostro servizio di consulenza di medicina del lavoro, pianifichiamo tutte le attività necessarie per ottemperare questi obblighi.

Inidoneità al lavoro: conseguenze

Il medico competente, qualora esprima, attraverso la sua diagnosi, un giudizio di inidoneità alla mansione specifica, parziale o totale, temporanea o permanente, ne deve informare per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.

In questi casi è opportuno che il medico competente informi il lavoratore della possibilità di fare ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.

Ovviamente il lavoratore ha tutto il diritto di richiedere l’assistenza necessaria per avviare il ricorso, in caso di mancata concessione di certificato medico di idoneità. Potrà dunque rivolgersi ad eventuali enti di sostegno sul territorio qualora il suo diritto non venga riconosciuto e necessiti di supporto per farlo valere in sede giurisdizionale mediante la procedura prevista dalla legge.

Nei casi di inidoneità totale (temporanea o permanente) e, quindi, di mancata produzione del certificato richiesto, il datore di lavoro provvede all’allontanamento del lavoratore dall’esposizione a rischio (in modo temporaneo o permanente), e, nell’affidargli un eventuale successivo compito, tiene conto della confacenza della mansione con lo stato di salute.

Nei casi di inidoneità parziale (temporanea o permanente) il datore di lavoro provvede affinché siano evitati compiti od esposizioni espressamente indicati nel “giudizio di idoneità” specifica alla mansione. Il giudizio di idoneità alla mansione specifica costituisce uno dei momenti più delicati del lavoro del medico competente.

In questi casi, in base alla norma vigente, il lavoratore assunto per svolgere mansioni di un certo tipo può essere ricollocato all’interno dell’azienda per eseguire altre attività, compatibili con le sue condizioni di salute e/o la sua disabilità, e con o senza una sospensione temporanea dal lavoro.

Idoneità fisica e recesso del contratto

Di seguito vengono sviluppati alcuni concetti che possono essere un’utile guida per una successiva più dettagliata analisi.

  1. Idoneità fisica alla mansione

L’idoneità fisica alla mansione, secondo ripetute interpretazioni della Cassazione, non può essere parametrata all’attesa contrattuale del datore di lavoro di avere a disposizione manodopera confacente al suo bisogno, che equivale in genere, al massimo profitto, ma l’idoneità va riferita al possessoda parte del lavoratore delle capacità comunemente indispensabili per le attività oggetto del contratto, che, ad esempio, se materiali non necessitano di una totale integrità fisica, in quanto nella pratica d’azienda sono inibite attività che comportano eccessivi carichi.

L’idoneità che si può legittimamente pretendere è sicuramente quella confacente le esigenze imprenditoriali, ma sempre nei limiti in cui queste possono ritenersi in armonia con i beni tutelati dall’art. 41 della Costituzione, esigenze alle quali è subordinata la libera impresa.

  1. Recesso del contratto

Il contratto di lavoro è un negozio a prestazioni corrispettive, caratterizzato da piena reciprocità tra attività lavorativa e retribuzione; ciascuna parte deve la sua prestazione solo se l’altra rende la propria: lo stipendio in cambio della prestazione d’opera.

La dottrina concorda nel ritenere che la non idoneità permanente consente il recesso del contratto. Il contratto può subire la stessa sorte nel caso di un’impossibilità parziale, qualora sia fornita la prova, da parte del datore di lavoro, dell’impossibilità aziendale di collocare il lavoratore in attività confacente.

Il datore di lavoro, coadiuvato dal medico competente, è tenuto ad attivarsi per rintracciare nell’ambito dell’azienda un’adeguata collocazione del dipendente. Il datore di lavoro, in altre parole, non può ignorare il giudizio del medico competente, il quale a sua volta deve attuare lo sforzo di uscire dalla consuetudine di formulare giudizi di idoneità dubbi o quello che è peggio ambigui, per dare, invece, indicazioni chiare e precise.

La collaborazione tra il datore di lavoro ed il medico competente, rimanendo in tema di contratto, può soddisfare quella che si definisce una cooperazione creditoria del lavoratore.

In questo modo, è possibile garantire al contempo il diritto del lavoratore a un trattamento equo e giusto, a tutela sia della propria salute che del proprio diritto al lavoro, nonché la possibilità per il datore di lavoro di vedere svolti adeguatamente tutti i compiti e le mansioni della sua attività.