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Videosorveglianza illegittima senza l’accordo con i sindacati

videosorveglianza

L’art. 4, 1 co ° dello Statuto dei Lavoratori, Legge n. 300/1970, pone il DIVIETO a all’uso di impianti audiovisivi e di altri apparecchi che abbiano la finalità di controllo a distanza dell’attività lavorativa. Il secondo comma del medesimo articolo prevede tuttavia che l’utilizzo di tali impianti, dai quali possa derivare anche potenzialmente un controllo a distanza dei lavoratori, possano essere adottati per esigenze:

  • organizzative e produttive;
  • sicurezza aziendale;
  • tutela del patrimonio aziendale.

 

L’adozione di tali impianti ed apparecchiature deve però essere preceduta da un’imprescindibile condizione:

è necessario raggiungere un preventivo accordo con le Rappresentanze Sindacali ovvero alternativamente è necessario ottenere una specifica autorizzazione in tal senso da parte dell’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente. Va da sé, pertanto, che nelle aziende nelle quali non vi è la presenza della rappresentanza sindacale, l’unica condizione di legittimità all’utilizzo dell’impiantò di videosorveglianza è l’autorizzazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro.

Queste prescrizioni sono state confermate anche dalla giurisprudenza di legittimità, la quale a più riprese ha evidenziato che la mancanza delle condizioni di cui sopra “comporta la responsabilità penale del datore di lavoro”[1].

Il trattamento dei dati personali mediante l’utilizzo di impianti di videosorveglianza con registrazione e/o visioni delle immagini può dunque essere adottato solo dopo il raggiungimento dell’accordo sindacale o, in difetto, della ricezione dell’autorizzazione da parte dell’autorità competente.

In quest’ultimo caso, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, la Direzione territoriale del Lavoro potrà svolgere un sopralluogo per verificare in particolare se l’angolo di ripresa delle telecamere sia o meno compatibile con il divieto sancito dall’art. 4 della legge n. 300/1970 ed eventualmente indicherà le prescrizioni da osservare.

Sempre la giurisprudenza di legittimità ha poi espresso il principio secondo cui, posto che l’articolo in esame “tutela interessi di carattere collettivo e superindividuale la cui violazione integra una condotta antisindacale[2], non è sufficiente per sanare la mancata attivazione della procedura prevista l’eventuale consenso prestato dai lavoratori dipendenti[3].

Questo principio è stato ribadito anche dell’Edpb che nelle linee guida n. 3/2019 ha sottolineato che: “dato lo squilibrio di potere tra datori di lavoro e dipendenti, nella maggior parte dei casi i datori di lavoro non dovrebbero invocare il consenso nel trattare i dati personali, in quanto è improbabile che quest’ultimo venga fornito liberamente”.[4]

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Poiché, poi, l’utilizzo di impianti ed apparecchiature di videosorveglianza dà luogo ad un trattamento di dati personali, la disciplina di cui all’art. 4 Statuto dei Lavoratori deve essere integrata con le prescrizioni contenute nel Regolamento europeo n. 679/2016.

In particolare, il Regolamento prevede una serie di obblighi e adempimenti in capo al Titolare del Trattamento nel caso in cui adotti presso la propria sede aziendale un sistema di videosorveglianza (c.d. VSS). Nella specie, il Titolare del trattamento può privilegiare per un approccio scalare che, mediante la combinazione di metodi, assicuri la trasparenza in merito alla legittimità del trattamento posto in essere.

  • Da un lato, si fa riferimento alle c.d. informative di “primo livello” /segnaletica di avvertimento che, trattandosi di cartellonistica contenente alcune informazioni essenziali previste dall’art. 13 del Regolamento, permette di rendere immediatamente visibile l’impianto di videosorveglianza. Queste, poi, devono essere collocate prima di entrare nella zona sorvegliata.
  • Dall’altro è necessario predisporre un’informativa completa che deve essere messa a disposizione in un posto accessibile a tutti gli interessati (ad esempio il sito internet aziendale) o affissa in un luogo ben visibile a tutti.

[1] Vedi Cass. Pen. sentenza n. 4331/2014.

[2] Vedi Cass., Pen, sentenza n. 22148/2017.

[3] Vedi Cass. Pen. sentenza n.1733/2020.

[4] Consultabili al seguente link:  https://edpb.europa.eu/our-work-tools/our-documents/guidelines/guidelines-32019-processing-personal-data-through-video_it