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Privacy e Whistleblowing

L’istituto del c.d. “whistleblowingo segnalazione di un presunto illecito, è un sistema di prevenzione della corruzione introdotto dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 e di recente oggetto di modifica da parte del D.lgs n. 24/2023. Quest’ultimo ha infatti recepito nel nostro ordinamento la direttiva UE 2019/1937, emanata con l’obiettivo di rafforzare la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni delle normative nazionali o dell’Unione Europea.

Si tratta di violazioni di cui il whistleblower =segnalante (letteralmente “colui che soffia il fischietto”) è venuto a conoscenza e che sono state commesse all’interno della PA o dell’ente privato del quale lo stesso sia stato testimone nell’esercizio delle proprie funzioni. Tali violazioni assumono rilevanza in quanto ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato. Si comprende subito, pertanto, come siano estranei dal concetto di violazioni le contestazioni personali o le rivendicazioni inerenti ai rapporti di lavoro nei confronti dei superiori[1].

Quanto alla scelta del canale di segnalazione da utilizzare si sottolinea che la stessa non è rimessa alla discrezione del segnalante, in quanto in via prioritaria si deve favorire l’utilizzo del canale interno e, solo al ricorrere di determinate condizioni di cui all’art. 6 del decreto legislativo[2], è possibile effettuare una segnalazione esterna tramite i canali messi a disposizione dall’ANAC (l’Autorità nazionale anticorruzione).

Nell’ambito della gestione del canale di segnalazione interna la persona e/o l’ufficio autonomo con personale specificamente formato (art. 4 D.lgs. 23/2024) a cui è affidata la sua gestione devono in primo luogo mettere a disposizione informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per le segnalazioni interne, ma anche esterne. Devono poi svolgere i seguenti compiti:

  • rilasciare alla persona segnalante avviso di ricevimento della segnalazione entro 7 gg dalla data di ricezione della stessa;
  • mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante e richiedere eventuali integrazioni;
  • fornire riscontro alla segnalazione entro 3 mesi dalla data di avviso di ricevimento.

È necessario sottolineare il sistema di protezione che ogni P.A./ente privato devono mettere in atto al fine di tutelare effettivamente e concretamente il whistleblower. Scendendo nel dettaglio è importante ricordare che la segnalazione è sottratta all’accesso agli atti amministrativi (L. 241/1990) e al diritto di accesso civico e generalizzato. Inoltre, l’identità della persona segnalante – o qualsiasi altra informazione da cui può evincersi direttamente/indirettamente tale identità – non possono essere rilevate senza il consenso espresso della stessa persona segnalante. Ed infatti, anche all’interno di un eventuale procedimento penale, l’identità della persona è coperta dal segreto nei modi e nei limiti stabiliti dall’art. 329 c.p.p.

Inoltre, la nuova disciplina impone il divieto di ogni forma di ritorsione – anche solo tentata o minacciata – nei confronti del segnalante; dove per ritorsione deve intendersi “qualsiasi comportamento, atto od omissione, posto in essere in ragione della segnalazione […] e che provoca o può provocare alla persona segnalante, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto”.[3]

Quanto al trattamento dei dati personali si ricorda che lo stesso deve avvenire nel rispetto del Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali delle persone fisiche di cui al Reg. UE 679/2016 (GDPR). In particolare:

  • i soggetti che si occupano di gestire la segnalazione e dunque di trattare i dati personali relativi al ricevimento della stessa sono inquadrati come Titolari autonomi del trattamento;
  • i soggetti del settore pubblico e/o privato che condividono invece risorse per il ricevimento e la gestione delle segnalazioni determinano in modo trasparente, tramite un accordo interno, le rispettive responsabilità, divenendo così contitolari del trattamento ai sensi dell’art. 26 GDPR;
  • la gestione delle segnalazioni interne nonché il loro ricevimento devono essere supportate da misure tecniche ed organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato agli specifici rischi derivanti dai trattamenti effettuati. A tal fine i soggetti di cui all’art. 4 del presente decreto, devono porre in essere una valutazione di impatto (DPIA) nonché disciplinare il rapporto con eventuali fornitori esterni che trattano i dati personali per loro conto, tramite atto/contratto ai sensi dell’art. 28 GDPR.

Quanto alla conservazione della documentazione inerente alla segnalazione, si sottolinea che tutta la documentazione alla stessa riferita deve essere conservata per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e comunque non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione.

[1] Cfr. TAR Napoli, sez. VI, 08/06/2018, n.3880
[2] Si tratta di condizioni specifiche che trovano applicazione se, al momento della presentazione della segnalazione:

  1. non è prevista l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo;
  2. la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna e la stessa non ha avuto seguito;
  3. la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che la segnalazione, qualora effettuata, possa determinare il rischio di ritorsione o pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

[3] La gestione delle comunicazioni di ritorsioni nel settore pubblico/privato spetta all’ANAC la quale può avvalersi della collaborazione rispettivamente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro o dell’Ispettorato della Funzione Pubblica con cui conclude specifici accordi ai sensi dell’art. 15 della Legge 241/1990.

La consulenza whistleblowing è un importante strumento per affrontare situazioni di stress sul lavoro causate da segnalazioni di comportamenti illeciti o non etici all’interno dell’organizzazione. Fornisce supporto e protezione ai dipendenti che decidono di denunciare tali problematiche

Il TAR Lazio interviene annullando la sanzione ritorsiva comminata al dipendente segnalante.

L’istituto del c.d. “whistleblowing” è stato introdotto nell’ordinamento italiano con la L. n. 90/2012. Nella sostanza, consiste nella condotta del dipendente che segnala alla pubblica autorità, o ai propri dirigenti, la commissione di determinati illeciti nella propria organizzazione di riferimento.

La normativa nasce per essere applicata nel contesto della pubblica amministrazione, e solo successivamente con la L. n. 179/2017, è stata estesa al settore privato.

Il comune denominatore delle precedenti disposizioni è la tutela del soggetto segnalante: va sempre assicurato il suo anonimato.

Il sistema di segnalazioni interno così creato rappresenta un efficace strumento di controllo dell’operato della Pubblica Amministrazione, creando una sorta di apparato immunitario endogeno.

Con l’Ordinanza n. 1547/2021 il TAR Lazio, I Sezione, ha ribadito i precedenti principi tutelando il pubblico dipendente da possibili sanzioni disposte a scopo di rivalsa.

Scendendo nel dettaglio, la vicenda nasce dall’impugnazione di una sanzione comminata dall’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) a carico di un Pubblico Dipendente colpevole di aver punito un lavoratore autore di una segnalazione.

Il provvedimento dell’ANAC veniva così impugnato davanti al TAR Lazio, che ribadiva l’attuale assetto normativo.

Infatti, l’art. 54 bis del D.lgs. n. 165/2001 (Testo Unico Pubblico Impiego) ribadisce che: “Il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione. L’adozione di misure ritenute ritorsive, di cui al primo periodo, nei confronti del segnalante è comunicata in ogni caso all’ANAC dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere”.

Sussistono poi delle ulteriori garanzie che presidiano l’anonimato del denunciante.

Ad esempio, nell’eventuale procedimento penale instaurato l’identità del segnalante è coperta dal segreto (art. 329 CPP).

Inoltre, in un eventuale procedimento disciplinare l’identità del segnalante non potrà mai essere rivelata, ove la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti, e ulteriori, rispetto alla segnalazione stessa.

Analoghe considerazioni valgono per il settore privato, che tuttavia non è soggetto all’obbligo di predisporre un sistema interno di segnalazione.

La recente pronuncia ha evidenziato nuovamente l’efficienza di quanto previsto dalla L. n. 90/2012, ovvero di un sistema immunitario finalizzato alla prevenzione di determinate condotte all’interno della Pubblica Amministrazione.