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Privacy e Vaccini: il Garante fornisce le prime indicazioni sui trattamenti nell’ambito del rapporto di lavoro

Prosegue la campagna vaccinale in Italia. Vediamo quali informazioni possono essere richieste al lavoratore.

L’attuale emergenza sanitaria ha portato le Autorità pubbliche all’ampio utilizzo di uno strumento che solo qualche anno fa non avrebbero mai utilizzato: le FAQ (Frequently Asked Questions). Anche il Garante per la protezione dei dati personali non si è tirato indietro. All’interno del proprio sito internet, infatti, vi è l’apposita sezione dedicata ai quesiti sui trattamenti legati al contrasto al Covid-19.

Precisiamo che non si tratta di una fonte normativa, ma unicamente del parere della massima Autorità nazionale in materia di protezione dei dati personali.

Lo scorso 17 febbraio sono state pubblicate le prime indicazioni sui trattamenti effettuati dal datore di lavoro con riferimento alla vaccinazione del proprio dipendente consultabili al seguente link: https://www.garanteprivacy.it/temi/coronavirus/faq.

Il tema dei trattamenti effettuati nell’ambito del rapporto lavorativo è, tuttora, oggetto di moltissime riflessioni da parte degli operatori. Il filo conduttore è sempre lo stesso: il consenso al trattamento dei propri dati personali da parte del dipendente non può essere utilizzato come legittima base giuridica dei trattamenti posti in essere dall’azienda.

Gli approfondimenti sul punto sono infiniti, evidenziamo soltanto che le basi giuridiche utilizzabili sono: l’esecuzione del contratto concluso con il dipendente, l’adempimento della vigente normativa in materia giuslavoristica e il legittimo interesse del datore di lavoro (da usare con parsimonia).

Partiamo dalla prima precisazione, sull’obbligatorietà o meno del vaccino.

“[…] solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.

Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n.81/2008)”.

Il principio di minimizzazione delle attività di trattamento (artt. 5 e 6 GDPR), dunque, continua a guidare i trattamenti effettuati nell’ambito del rapporto di lavoro. Specialmente per quanto riguarda i dati sanitari.

Vediamo il contenuto delle altre risposte.

Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione? Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?

La risposta ad entrambe le domande è sempre negativa.

Nel dettaglio: “Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.

In aggiunta: “Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008)”.

Attendiamo, ora, il proseguo della campagna vaccinale ricordandovi di limitare sempre, e comunque, la mole di dati acquisti dai propri dipendenti.