Legittimo Interesse
L’articolo 11 del Codice Privacy (D.Lgs. 30 Giugno 2003, n. 196) stabilisce che i dati personali oggetto di trattamento devono essere:
– Trattati in modo lecito e secondo correttezza.
– Raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi.
– Esatti e, se necessari, aggiornati.
– Pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati.
– Conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.
Inoltre, lo stesso Codice Privacy, all’articolo 23, prevede che il trattamento dei dati personali deve avvenire esclusivamente con il consenso dell’interessato, in forma preventiva, esplicita e libera. Con il consenso l’interessato esprime di fatto la propria autorizzazione al trattamento dei dati personali risultando molto probabilmente come la più ovvia delle condizioni di liceità. Tuttavia, esistono una serie di trattamenti di dati personali che, per poter aver luogo, non necessitano di alcun preventivo consenso. Infatti, tra le cause di esclusione della necessità, per il titolare, di richiedere il consenso dell’interessato per procedere al trattamento dei suoi dati personali, si annovera, all’articolo 24, lettera g) del Codice Privacy, il “legittimo interesse”, qualora sullo stesso non prevalgano i diritti dell’interessato. Pur mancando nel nostro ordinamento una definizione normativa di interesse legittimo, nonostante la rilevanza che un simile concetto riveste, è proprio su questa condizione che è opportuno soffermarsi.
La “legittimità” dell’interesse è in effetti un concetto che non consente nell’immediato al Titolare di comprendere in quali occasioni, nel rispetto della legge, la stessa possa essere conseguita. L’interesse legittimo, per sua natura, per poter essere individuato come tale, è spesso individuabile solo ex post, a seguito di opportune verifiche che il più delle volte mancano di oggettività.
Tutto ciò premesso, la domanda che a questo punto è giusto porsi è: su quali basi un Titolare potrà decidere di procedere a un trattamento per perseguire un interesse che ritiene essere legittimo?
Ci viene in aiuto non solo il D.Lgs. 196/93 ma anche, inevitabilmente, a seguito di attenta lettura, il nuovo Regolamento 679/2016 che sempre più sta influenzando il nostro operare quotidiano e le posizioni interpretative delle Corti.
Gli aspetti che devono essere presi in considerazione per un corretto inquadramento dell’interesse come “legittimo” sono la necessità e l’effettività dell’interesse.
Il Regolamento infatti, più che il D.Lgs. 196/03, stabilisce che le operazioni di trattamento devono essere “necessarie per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento”. Quanto riportato dal Regolamento deve essere inteso, per fondare la liceità del trattamento e la conseguente legittimità dell’interesse, nell’impossibilità del Titolare di perseguire l’interesse con mezzi diversi dallo specifico trattamento che si intende effettuare. Qualora infatti, il Titolare abbia la possibilità di percorrere strade diverse e utilizzare strumenti differenti per raggiungere lo stesso risultato, l’opzione “legittimo interesse” non sarebbe applicabile.
Inoltre, con riferimento all’effettività, l’interesse del Titolare a cui sono trasmessi i dati, deve essere reale, dimostrabile e conforme alle leggi vigenti.
Infine, conformemente a quanto prescritto dal Regolamento 679/2016 che richiede e richiederà sempre più un’informativa chiara e trasparente, il Titolare dovrà informare l’interessato anche dei legittimi interessi perseguiti.