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L’e-mail del lavoratore è personale e inviolabile: lo dice la cassazione

Il tema della tutela della posta elettronica dei lavoratori è tornato al centro del dibattito giuridico e aziendale. Con la sentenza n. 24204 del 29 agosto 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – ha sancito che la casella e-mail del dipendente è da considerarsi personale e dunque inviolabile, anche quando risiede su server aziendali o su dispositivi forniti dal datore di lavoro.

La decisione conferma l’orientamento della Corte di Appello di Milano, che aveva ribaltato la sentenza del Tribunale di Milano. Si tratta di un punto di svolta importante che consolida l’approccio europeo alla tutela della corrispondenza elettronica dei lavoratori.

L’e-mail del lavoratore è inviolabile: il principio di diritto

La Suprema Corte ha chiarito che le comunicazioni via e-mail rientrano a pieno titolo nella sfera della “vita privata” e della “corrispondenza” costituzionalmente garantite.
Il principio di diritto espresso stabilisce che l’accesso abusivo a una casella protetta da password configura il reato di accesso abusivo a sistema informatico (art. 615 ter c.p.), che può concorrere con quello di violazione di corrispondenza e, in alcuni casi, con quello di danneggiamento di dati informatici.

In altre parole, l’accesso non autorizzato alle e-mail del lavoratore costituisce reato a tutti gli effetti.

Il caso nasce da una controversia avviata da un datore di lavoro nei confronti di alcuni ex dipendenti, accusati di concorrenza sleale e violazione dei doveri di fedeltà risalenti al 2013. Le presunte prove a carico erano state reperite tramite l’accesso diretto alle caselle di posta elettronica dei dipendenti.

Il Tribunale di Milano, in primo grado, aveva accolto la tesi datoriale, condannando i lavoratori. Tuttavia, la Corte di Appello ribaltava la decisione, giudicando illegittimo l’accesso alle e-mail. Infine, la Cassazione ha confermato l’orientamento della Corte di Appello, rafforzando la tutela della privacy del dipendente.

Le argomentazioni della suprema corte

La Cassazione ha richiamato il noto caso Barbulescu della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha stabilito l’applicazione dell’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE anche alle attività professionali.

Secondo i giudici, le e-mail inviate dal luogo di lavoro godono della stessa protezione riconosciuta alla corrispondenza privata. Di conseguenza, tali comunicazioni sono inviolabili e il datore di lavoro non può accedervi, neppure con finalità difensive.

Bilanciare esigenze datoriali e privacy del dipendente

Il tema centrale rimane il bilanciamento tra due interessi contrapposti:

  • da un lato, il datore di lavoro che intende esercitare forme di controllo,
  • dall’altro, il diritto del dipendente alla protezione dei dati personali, ed alla tutela della sua dignità personale, connessa con i profili di riservatezza della “sua” corrispondenza.

L’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori disciplina già l’uso degli strumenti di controllo a distanza, imponendo l’accordo sindacale o l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro. La sentenza della Cassazione rafforza ulteriormente i limiti a tutela della privacy, chiarendo che l’accesso diretto alle e-mail non rientra in nessuna delle eccezioni consentite.

Vince la privacy del dipendente: ecco l’insegnamento

Il messaggio che emerge dalla sentenza è chiaro: la privacy del dipendente prevale rispetto alle esigenze difensive del datore di lavoro.
Il principio di proporzionalità, applicato alla fattispecie in esame,implica che non si possano utilizzare modalità invasive come il controllo delle e-mail, salvo casi previsti dalla legge e rispettando procedure rigorose.

In assenza di consenso o di specifico accordo sindacale, l’accesso alle e-mail personali dei lavoratori non solo è illegittimo, ma può comportare conseguenze penali.

La sentenza n. 24204/2025 della Cassazione rappresenta un intervento di grande rilevanza per aziende e lavoratori, valorizzando ulteriormente orientamenti già consolidati dalla giurisprudenza e dalla dottrina maggioritaria: da un lato siribadisce il vincolo per i datori di lavoro di mantenere un approccio rigoroso nella gestione degli account dei dipendenti (anche fuoriusciti dall’azienda); dall’altro, si rafforzano con una ulteriore pronuncia – che vede perdipiù l’intervento anche della Suprema Corte –  i diritti dei dipendenti, garantendo che anche le comunicazioni elettroniche godano della stessa tutela della corrispondenza privata.

Per le imprese diventa quindi essenziale aggiornare policy interne, regolamenti e procedure in materia di utilizzo degli strumenti informatici, assicurandosi che siano rispettati i limiti fissati dalla legge.