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Controllo della temperatura corporea e privacy

Durante lo stato di emergenza determinato dalla pandemia vi è stata  la necessità di effettuare controlli su quanti affluiscono ad aeroporti, ospedali, case di cura ma anche ad aziende di servizio o produzione, a negozi, cantieri e centri commerciali, attraverso il rilevamento in tempo reale della temperatura, la richiesta di rilasciare una dichiarazione attestante l’assenza di qualsiasi tipo di contatto con il virus.

Attualmente è importante sapere che il rilevamento della temperatura corporea, ad esclusione del comparto cantieri, non è obbligatorio bensì una mera possibilità.

 

Questo implica che, chi volesse avvalersi di tale facoltà, deve tenere ben presente che la stessa costituisce un trattamento dei dati e per questa ragione implica l’adozione di tutte le misure necessaria al fine di tutelare i dati personali che vengono raccolti.

Il 2 marzo 2020, Il Garante della privacy, mediante un comunicato stampa, aveva messo in guardia i datori delle aziende pubbliche e private dal raccogliere e registrare questo tipo di informazioni, ricordando che questa attività può essere svolta esclusivamente dagli organi deputati alla garanzia del rispetto delle regole di sanità pubblica recentemente approvate, vale a dire gli operatori sanitari e la protezione civile.

 

In ambito professionale e produttivo, si è, però, avuta una parziale inversione di rotta con il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, adottato il 14 marzo 2020, con il quale la Presidenza del Consiglio dei ministri ha disposto, oltre al rispetto della distanza e all’uso dei dispostivi di sicurezza, il monitoraggio degli accessi ai luoghi di lavoro mediante il rilevamento in tempo reale della temperatura, poiché – ha asserito nel documento – la prosecuzione delle attività produttive può avvenire solo in presenza di condizioni e standard di security che garantiscano alle persone un adeguato livello di protezione. Nel fare ciò il Presidente ha considerato alcuni adempimenti in materia di protezione dei dati, che è bene esaminare.

 

In questo articolo, quindi, vogliamo fare chiarezza sui seguenti punti:

 

  • controllo della temperatura corporea all’accesso;
  • misure applicabili in caso di temperatura superiore ai 37.5°;
  • acquisizione di dichiarazioni.

 

Per il primo punto, possiamo affermare che il datore di lavoro può controllare la temperatura corporea di tutte le persone che entrano nelle aree aziendali ma non potrà registrare sistematicamente tutte le rilevazioni. Questa precisazione è importante perché una registrazione generalizzata non sarebbe coerente con la finalità di impedire l’accesso ai soli soggetti febbricitanti. Inoltre, vi è la questione della documentazione relativa agli accessi preclusi per superamento della soglia della temperatura corporea. Dobbiamo segnalare che essa non potrà essere conservata oltre il termine dello stato di emergenza, salvo esigenze di tutela dei diritti (per contenzioso o contestazioni relative alla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro).

Potrebbe anche darsi il caso che una persona sviluppi sintomi quali febbre e tosse, soltanto dopo aver effettuato l’accesso al proprio luogo di lavoro, e allora, per quanto concerne l’aspetto delle misure da adottare in caso di superamento della soglia limite consentita, possiamo affermare che l’isolamento del soggetto con temperatura superiore a 37,5° deve garantirne la riservatezza, e dunque non sarà consentito diffondere informazioni sanitaria al di fuori dell’Autorità sanitaria. La comunicazione di tali dati in azienda deve avvenire da parte dell’ufficio del personale informando il medico competente e l’RLS/RSLT per contattare le Autorità sanitarie competenti, le quali forniranno indicazioni operative anche per la ricostruzione di una filiera del contagio (definendo i “contatti stretti”) e l’applicazione delle misure di quarantena.

Infine, nel caso in cui il datore di lavoro richieda un’attestazione scritta da parte di chi entri nelle aree aziendali, essa non dovrà acquisire informazioni sullo stato di salute, ma dovrà contenere soltanto domande che escludano:

  • l’aver intrattenuto contatti con persone positive al COVID-19,
  • la presenza di sintomi tipici da infezione e la provenienza da zone a rischio epidemiologico negli ultimi 14 giorni.

In conformità con quanto previsto dal Regolamento UE 2016/679 e dal D.Lgs. 196/2003 (Codice Privacy), ogni azienda, in qualità di Titolare del Trattamento, dovrà comunque rendere nota l’informativa agli interessati in relazione ai dati personali raccolti e designare i soggetti autorizzati alla raccolta dei dati personali necessari e finalizzati al contenimento della diffusione del virus Covid-19.

 

Il rilevamento della temperatura a scuola

 

Ben diversa è la situazione nelle scuole: infatti, il Comitato Tecnico Scientifico non ha considerato il rilevamento della temperatura degli alunni e del personale scolastico una misura opportuna, affidando così alle famiglie il compito di evitare che i ragazzi con una temperatura corporea superiore a 37,5° C accedano agli edifici scolastici.

In questo caso, la questione della tutela della riservatezza non si pone certo per via del rilevamento della temperatura (sia esso effettivo o solo ipotizzato), ma in ragione del fatto che la prosecuzione dell’attività scolastica da casa, comporta l’uso delle risorse come i servizi on line di videoconferenze ed il registro elettronico, esponendo alunni e docenti ai rischi connaturati a questo tipo di tecnologia e a quelli dovuti anche all’oggettiva complessità di funzionamento del mondo digitale nel suo complesso, come chiarito dal Garante.

 

Quali dispositivi utilizzare per il rilevamento?

 

Chiarito ciò, è opportuno considerare brevemente se, e in quale misura, l’uso delle più comuni apparecchiature per il rilevamento della temperatura possa pregiudicare il rispetto dei principi sopra enunciati.

Partiamo dalla soluzione più semplice e veloce: i termometri. Che si tratti di un termometro tradizionale o frontale, il suo utilizzo non contrasta in alcun modo con quanto previsto dal Regolamento sopra citato, poiché il rilevamento della temperatura avviene nella piena salvaguardia dell’anonimato. Quanto al tipo di prodotto preferibile, l’INAIL, in una comunicazione, ha raccomandato l’uso dei termometri a infrarossi dotati di certificazioni CE, in quanto, oltre a garantire un elevato grado di precisione di misura, questi assicurano il rispetto della norma ISO 80060-2-56:2017.

Abbiamo, poi, i termoscanner. Ne esistono diverse tipologie, ma certo i più diffusi solo quelli costituiti da un display, integrato all’interno di un supporto elevato da terra. Con questi strumenti il rilevamento è automatico e più rapido di quando non sia quello con il termometro, tuttavia il loro utilizzo pone alcuni problemi in relazione alla tutela della privacy. Molti di essi, infatti, integrano un software  – il face recognition software -che permette il riconoscimento facciale e quindi comporta l’acquisizione di dati sensibili (questa la categoria a cui appartengono i dati biometrici), per non parlare, poi, del fatto che molti di essi consentono il salvataggio e quindi la registrazione delle immagini acquisite, che come abbiamo visto è stata espressamente vietata dal sopracitato Protocollo.