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Quarto rapporto annuale sulla sicurezza in Italia del Consiglio Nazionale dei Periti Industriali

Presentiamo di seguito alcuni dei principali risultati di una ricerca svolta dal Censis per conto del Cnpi:

– il 37,8% presenta fenomeni di una marcata rischiosità sul lavoro che si concentra nelle industrie di 26 delle province del Centro Nord (tra cui Torino, Milano, Brescia, Parma) e del Nord Est;
– il 27,4% opera in contesti territoriali ad irregolarità diffusa che si riflette in modo diretto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; sono aziende concentrate prevalentemente nel Sud e nelle Isole (36 province);
– il 35,0% circa registra livelli di rischio meno esasperati propri di una società matura: è il caso di 23 province dislocate tra Nord Ovest e dorsale adriatica (da Ferrara a Teramo).

E’ quanto emerge dalla ricerca “Guardare avanti: l’impegno dei Periti Industriali per la sicurezza sul lavoro” realizzata dal Censis per conto dei Periti Industriali.

L’indagine evidenzia inoltre, diversi livelli di sicurezza presenti sul territorio nazionale. Sembra, infatti, che vivere e produrre in alcune province italiane, garantisca standard di sicurezza più elevati ed una maggiore capacità da parte degli attori locali di tutelare la salute del lavoratore. Secondo una stima presentata nel Rapporto, il potenziale di rischio aziendale della sicurezza sul lavoro si presenta elevato.
Peraltro, analizzando il modello di “safety management” di circa 500 aziende dislocate sul territorio, emerge che:
– tra il 2004 ed il 2005 l’andamento degli infortuni è risultato stabile nell’86,4% delle aziende intervistate; mentre sono più numerosi i casi di aziende che hanno visto diminuire gli infortuni (10,5%) rispetto a quelle che ne hanno registrato un incremento (3,1%);
– esiste una correlazione positiva tra volume di investimenti e calo tendenziale degli infortuni: le imprese che hanno investito più di 50mila euro in sicurezza tra il 2004 e il 2005 sono le uniche a non aver registrato un incremento degli infortuni; tuttavia l’87,3% non investe in sicurezza più di 10mila euro;
– la gestione della sicurezza in azienda ruota intorno alla figura dell’imprenditore, la cui ingerenza nel processo di securizzazione tende tuttavia a sfumare al crescere della dimensione d’azienda: l’imprenditore partecipa direttamente alle attività di messa in sicurezza dell’azienda nel 92,1% delle microimprese (1-4 addetti), nel 79,8% delle piccole (5-15 addetti) e nel 62,2 % delle medie imprese (16-250 addetti); nel 90,0% delle aziende, l’imprenditore ricopre anche il ruolo di Responsabile del Servizio di prevenzione e protezione (RSPP);
– i consulenti rivestono un ruolo rilevante: nel 38,7% dei casi partecipano direttamente alla gestione della sicurezza in azienda e nelle province dove il modello di sicurezza sul lavoro è complessivamente più progredito (Milano, Bologna), si registra contestualmente una presenza più marcata di professionalità esterne e una dinamica più contenuta degli eventi infortunistici;
periti industriali ed ingegneri sono le professionalità tecniche più “gettonate”: svolgono attività di consulenza in materia di sicurezza per il 60,1% delle aziende (in futuro il 72,0% delle aziende prevede di farvi ricorso) e nel 26,0% dei casi concorrono a gestire direttamente il modello di safety management in azienda;
– il rapporto delle imprese con la sicurezza del lavoro è cresciuta sul piano degli adeguamenti normativi: il 64,0% delle aziende è in fase di aggiornamento del documento del rischio; il ritardo maggiore nell’applicazione del d.lgs. 626 si rileva a carico delle microimprese (il 35,7% di esse deve ancora avviare la procedura di securizzazione della struttura);
– la formazione risulta un’attività diffusa e di “routine” per le imprese: solo il 6,4% di esse non realizza attività formative per i lavoratori in materia di sicurezza; i canali di formazione ai quali le aziende fanno maggiore ricorso sono i cartelli e la segnaletica (55,9%), i corsi di formazione (50,9%) e la divulgazione di materiale informativo (42,9%);
– dei soggetti territoriali coinvolti nella sicurezza (Asl, Ispesl, Ispettorato, associazioni di categoria, ecc), Inail e professionisti tecnici sono gli interlocutori privilegiati per le aziende delle quali, rispettivamente il 50,6% e il 50,2%, dichiara di intrattenere con questi soggetti rapporti di proficua collaborazione;
– per il 92,4% delle imprese la sicurezza non è un costo mal sopportato, ma parte dell’essenza stessa del fare impresa: un dovere (66,6%), un obiettivo (15,6%), un investimento (10,2%); questo nuovo approccio viene confermato anche dal fatto che la sicurezza è la terza voce (dopo le attrezzature informatiche e gli impianti e macchinari) dove maggiore è la frequenza di investimento in innovazione da parte delle aziende che ad esso destinano il 9,2% del fatturato.

Il rapporto delle imprese italiane con la sicurezza del lavoro si presenta più maturo, nonostante il persistere di alcune aree critiche. La sicurezza viene considerata un elemento di innovazione, le risorse ad essa destinate un investimento. Le consulenze specialistiche, soprattutto di tipo tecnico, supportano saldamente l’impresa nell’impegno in merito alla sicurezza del lavoro, mentre più che l’inesperienza o il genere sembra che “facciano male” la routine e la differenza di etnia, visto che a subire infortuni sono soprattutto gli stranieri e le persone che svolgono attività ripetitive. La sicurezza è entrata ormai nelle aziende italiane al pari di altri processi produttivi e anche quando si presenta lacunosa o incompleta, gli imprenditori sono consapevoli di questa carenza, come parte integrante del loro fare impresa. Si tratta di un elemento culturale importante soprattutto per le Pmi la cui soglia di sensibilità per la sicurezza si è generalmente innalzata e per molte di loro sta diventando uno strumento di competitività.

Per visualizzare il rapporto completo dell’indagine: Guardare avanti: l’impegno dei Periti Industriali per la sicurezza sul lavoro – IV Rapporto sulla sicurezza in Italia