Proteggiamo la pelle dai raggi ultravioletti
fonte: www.uni.com Proteggiamo la pelle dai raggi ultravioletti: due norme UNI per capi d’abbigliamento… a prova di sole
L’esposizione al sole richiede sempre grande prudenza, e se a dover       prendere precauzioni sono anche gli adulti, figuriamoci i bambini!       Un’esposizione prolungata della pelle ai raggi solari può infatti       provocare effetti dannosi sia nel breve sia nel lungo termine.
 I danni peggiori, che sono quelli provocati dai raggi ultravioletti,       componenti la luce solare, possono essere ridotti significativamente       indossando capi di abbigliamento ben progettati e fabbricati con tessuti       adeguati.
Per cercare di venire incontro sia alle esigenze dei consumatori sia a quelle dei produttori di questo tipo di indumenti, l’UNI mette a disposizione due specifiche norme tecniche: la UNI EN 13758-1:2003 “Tessili – Proprietà protettive alle radiazioni UV – Metodo di prova per tessuti” relativa ai metodi di prova dei capi di abbigliamento in stoffa e la UNI EN 13758-2:2006 “Tessili – Proprietà protettive alle radiazioni UV – Classificazione e marcatura dei capi di abbigliamento” che riguarda la loro classificazione e marcatura.
Per la precisione la UNI EN 13758-1 specifica un metodo di prova per la determinazione della trasmittanza delle radiazioni ultraviolette dei tessuti, al fine di assegnare loro proprietà protettive (UPF) ai raggi solari UV. La trasmittanza spettrale totale di un tessuto viene misurata irradiando il campione con radiazione ultravioletta e registrando la totalità delle radiazioni trasmesse (in pratica la quantità di raggi che riescono passare attraverso il tessuto stesso).
Per effettuare questa prova la norma       prevede di utilizzare un dispositivo di misurazione “Spettrofotometro” composto da una sorgente UV (che fornisce       radiazioni UV nell’intervallo di lunghezze d’onda comprese tra 290 nm       e 400 nm), da una sfera integratrice (con superficie interna ricoperta da       materiale altamente riflettente), da un monocromatore (idoneo per       misurazioni con una banda spettrale di 5 nm o minore nella regione di       lunghezza d’onda compresa tra 290 nm e 400 nm), da un filtro       trasmettitore UV (che trasmette in modo significativo solamente a       lunghezze d’onda minori di circa 400 nm e non dà fluorescenza) e da un       porta provette (che sostiene la provetta diritta senza ostruire       l’apertura d’ingresso della sfera integratrice e che deve idealmente       posizionare il tessuto davanti al piano dell’apertura della sfera       stessa).
 In fase di preparazione dei provini devono essere eliminati i       primi cinque centimetri di tessuto (partendo dai bordi) e i campioni       devono essere scelti almeno a 1 metro di distanza dall’inizio o dalla       fine della pezza di tessuto.
Dopo di che si può procedere alla prova       vera e propria. Si comincia con il posizionare la provetta davanti       all’apertura della sfera integratrice, in modo che il lato del tessuto       non a contatto con la pelle sia esposto alla sorgente UV. Poi si verifica       la fluorescenza utilizzando strumenti dotati di monocromatore posto       davanti al campione. Se è presente un agente fluorescente si utilizza un       filtro di trasmissione UV e se ne verifica l’efficacia.
 Infine si registra la trasmittanza tra 290 nm e 400 nm, registrando i       valori almeno ogni 5 nm.
 La norma fornisce poi i metodi per il calcolo e l’espressione       dei risultati. Alla fine dovrà essere compilato un apposito resoconto       di prova sul quale andranno registrati i dati relativi al test       effettuato, tra cui: il metodo del campionamento e l’organismo che       l’ha effettuato, la descrizione del tipo e dello stato del tessuto, la       temperatura e l’umidità relativa, lo spettro solare usato nel calcolo       dell’UPF, etc.
La UNI EN 13758-2 stabilisce invece un pittogramma che può essere applicato ai capi di abbigliamento con UPF (Fattore di       protezione ultravioletto) maggiore di 40 e che sono stati concepiti       proprio per offrire alle persone che li indossano una protezione contro       l’esposizione ai raggi UV-A e UV-B.
 I capi d’abbigliamento che sono conformi a tale norma devono essere       marcati in modo indelebile con il numero della norma e con la dicitura UPF       +40.
 Oltre al pittogramma di cui sopra (sole giallo con ombreggiatura nera) il       prodotto dovrà inoltre riportare le seguenti informazioni:
- la frase “L’esposizione al sole causa danni alla pelle”
- la frase “Soltanto le aree coperte sono protette”
- la frase “Assicura la protezione UVA + UVB per l’esposizione al sole”.
Dovrà inoltre essere specificato, con una       scritta aggiuntiva, il grado ridotto di protezione dell’indumento nel caso       questo sia strappato, danneggiato, logoro o bagnato.
 La norma raccomanda infine di allegare al prodotto un piccolo opuscolo       informativo per illustrare i pericoli dell’esposizione alle radiazioni       UV e la capacità dell’indumento di ridurre tale esposizione.
E allora come fare a capire se quella maglietta, quei pantaloni o quel cappellino ci possono veramente proteggere dai raggi solari? È semplice, se controlliamo l’etichetta e vediamo il pittogramma o il riferimento alla norma tecnica, allora possiamo stare tranquilli perché vuol dire che quell’indumento è veramente… a prova di sole!
 
 
  
 