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L’art. 7 del D.Lgs. 626/1994 tra procedura e documentazione

Gli obblighi in capo a committenti, assuntori di appalto o derivanti dai contratti d’opera sono stati oggetto di una disciplina che si è notevolmente evoluta con i cambiamenti intervenuti a livello normativo.

Prima fonte di disciplina è stato l’art. 5 del D.P.R. 547/1955 secondo il quale il committente avrebbe dovuto occuparsi di informare circa i rischi specifici connessi i lavoratori chiamati a svolgere quelle determinate attività. Ulteriore disciplina in tema è stata quella contenuta nel D.Lgs. 277/1991, anche se dotata di maggiori limitazioni, data la sua applicabilità in riferimento a soli tre agenti di rischio costituiti rispettivamente da piombo, amianto e rumore. Infine la normativa base sulla sicurezza del lavoro, rappresentata dal D.Lgs. 626/1994 ha preso in esame la materia disciplinandola all’art. 7.
Dall’analisi e dal confronto tra le normative precedentemente citate e l’art. 7 del D.Lgs.626/1994 si osserva un significativo mutamento della valenza operativa del complesso gestionale sulla sicurezza del lavoro, rappresentato in sostanza da un ampliamento della sua operatività ed applicabilità anche agli appalti in relazione al raggiungimento di un miglioramento complessivo del livello di sicurezza.
Il modello nuovo proposto dal D.Lgs. 626/1994 si basa quindi sull’applicazione combinata e sinergica di strumenti quali informazione, cooperazione e coordinamento che devono quindi essere applicati anche in relazione ad un ambiente di lavoro in cui vanno ad interagire più appaltatori e di conseguenza più lavoratori.
Vengono pertanto abbandonati gli schemi comportamentali tipici delle normative precedenti che imponevano all’appaltante di evitare ogni possibile ingerenza nella sfera d’azione dell’appaltatore.
Sulla base di tali premesse gli obblighi in materia di sicurezza non si limitano ad essere presenti in capo al committente, come avveniva in precedenza, dove erano costituiti dalle valutazioni da effettuarsi sull’adeguatezza professionale delle imprese appaltatrici, dal dovere di informare i lavoratori circa i rischi specificamente connessi alle attività, dalle misure di prevenzione ed dai comportamenti da adottare in situazione di emergenza. Sono presenti specifici obblighi gravanti in capo agli stessi appaltatori e lavoratori autonomi, rappresentati dall’applicazione di atteggiamenti di cooperazione circa l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione della salute applicate dal committente, uniti ad attività di coordinamento tra tali meccanismi.
Non è inutile chiarire il significato e la valenza di questi concetti: l’applicazione di attività di coordinamento consente di collegare sistematicamente le diverse attività che nell’ambito di un contratto di appalto vengono ad essere realizzate da soggetti diversi ma all’interno di una stessa realtà ed ambiente lavorativo. A questo si aggiunge il ruolo della cooperazione da interpretarsi come lo sforzo di diversi soggetti di lavorare insieme al fine di individuare le soluzioni ottimali per fronteggiare, eliminare o quanto meno ridurre i rischi connessi all’attività professionale.
L’applicazione di tali strumenti è infatti indice ed indicatore del nuovo modello gestionale improntato sulla sinergia e l’interscambio per realizzare la migliore tutela della sicurezza del lavoro che così tanto si distacca dal modello tipico delle normative del passato.
La concezione così applicata dal D.Lgs. 626/1994 era stata ripersa anche a livello europeo dove la Direttiva quadro 89/391/CEE aveva sottolineato l’importanza della partecipazione dei lavoratori quali diretti interessati delle misure di prevenzione in piena conformità con le normative nazionali.
La rispondenza dell’attività aziendale ad obiettivi che garantiscano la salubrità degli ambienti di lavoro quali i concetti di “prevenzione” e “protezione” trova un importanze ed ufficiale riconoscimento nella redazione del documento di valutazione dei rischi sancito dall’art. 4 del D.Lgs. 626/1994.
La realizzazione di tale documentazione diventa la più chiara espressione dell’esigenza di individuare i rischi connessi all’attività per poi tradurli in forma scritta con documenti rispondenti ad una specifica procedura: così mentre il documento di valutazione dei rischi diventa l’ufficializzazione dell’analisi che ha portato all’individuazione dei rischi specificamente connessi all’attività professionale, il piano operativo di sicurezza e coordinamento (art. 12 D.Lgs. 41994/96) svolge la medesima funzione per i restanti rischi, più precisamente inerenti alle realtà lavorative dei cantieri.
Non bisogna però cadere nell’equivoco di considerare che l’applicazione di tali procedure viaggi in parallelo con la produzione documentale, o meglio questo non avviene in tutti i casi.
Un esempio di applicazione non bilaterale si ha osservando i caratteri di un’impresa familiare o comunque di un’impresa in cui il numero di addetti sia inferiore a 10 persone. La particolarità di queste realtà produttive risiede nella circostanza di non essere tenute a redigere il piano operativo per la sicurezza, pur rimanendo legate alla realizzazione di una valutazione dei rischi per i quali va redatta apposita certificazione al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza.
La conferma di questa non corrispondenza è rappresentata dalla presenza all’interno del D.Lgs. 626/1994 di una specifica sanzione per la mancata redazione del documento di valutazione (definito adempimento documentale) ma non è prevista corrispondente sanzione per l’omessa valutazione dei rischi (definita quale adempimento procedurale).
Stessa valenza certificativa la si ritrova nel disposto dell’art. 7 del D.Lgs. 626/1994 che prende in considerazione una situazione particolare come quella dell’appalto che in virtù del carattere di eventualità non rispondono agli obblighi degli adempimenti documentali.
Osservando il testo dell’art. 4 del D.Lgs. 626/1994 si evince come il Legislatore abbia considerato preferibile applicare il criterio della coincidenza tra le due tipologie di adempimenti specialmente in riferimento alla valutazione dei rischi da operarsi presso cantieri mobilie temporanei dove la normativa vigente (D.Lgs. 494/1996 così come modificato dal D.Lgs. 528/1999) prevede per tutte le imprese la redazione del piano operativo di sicurezza.
La maggiore novità introdotta dal D.Lgs. 626/1994 risiede nel fatto che le previsioni contenute nel citato art. 7 non si presentano legate e in qualche modo limitate dall’obbligatoria redazione di documenti soprattutto in considerazione del fatto che per gli appalti interni non è presente tale obbligo, mentre per i cantieri l’obbligo è stato introdotto per effetto del D.Lgs. 494-bis.

Particolare è la situazione in riferimento alla disciplina di prevenzione del rischio di incendio: la normativa di riferimento, rappresentata dal combinato disposto del D.M. 10 marzo 1988 e dell’art. 13 comma 1 del D.Lgs. 626/1994, disciplina i requisiti della sicurezza antincendio e le modalità di gestione di un tale tipo di emergenza stabilendo inoltre che la valutazione del rischio incendio e le conseguenti misure di prevenzione debbano costituire parte integrante del documento di valutazione dei rischi. La normativa in esame precisa inoltre che, in presenza di un numero di dipendenti inferiore a 10 persone e solo nel caso in cui l’attività rientri tra quelle per cui non sia previsto il controllo da parte dei Vigili del Fuoco, il datore di lavoro pur dovendo dotarsi di una serie di misure organizzative da applicarsi in caso di emergenza incendio non è soggetto all’obbligo di redazione del piano di emergenza.

Naturalmente la non sussistenza della corrispondenza tra le due tipologie di adempimenti ricordati non vieta in alcun modo che quanto un datore di lavoro pone in essere per rispondere ad un obbligo giuridico possa essere ugualmente realizzato sulla base di un atteggiamento volontario. Oltretutto la soggettiva applicazione di tali procedure e la corrispondente realizzazione documentale risponderebbe ad una serie di esigenze di carattere pratico, soprattutto in occasione di eventi lesivi, dove, in presenza di tale documenti, la posizione del datore di lavoro in una causa giudiziale per infortunio sarebbe chiaribile con maggiore facilità potendo dimostrare tramite atto scritto la sussistenza oggettiva di quanto previsto dalla normativa, tenendo conto che in assenza di ciò l’aspetto probatorio sarebbe quasi esclusivamente rappresentato dalla prova per testimone con le problematiche inevitabilmente legate ad essa.

RegistrazioneControllo
Misure curative prese in considerazioneGià proposte

(Si/No)

Riguardanti luogo, squadra, officinaTermini previsti di realizzazioneResponsabile della realizzazioneCosto prevedibileDataApplicazione

(Si/No)

Effetti osservati o motivi di mancata applicazione