Il divieto di fumo nei locali aperti al pubblico
Sentenza del TAR del Lazio n. 6068 del 1 agosto 2006
 Ai gestori dei locali         privati aperti al pubblico e ai titolari delle aziende non può essere         imposto l’obbligo di vigilare sul rispetto del divieto di fumo, di         ammonire il trasgressore e di segnalare la violazione al pubblico         ufficiale.
 Il TAR del Lazio, in occasione dell’esame di un ricorso presentato dal         gestore di un bar contro una sanzione per violazione della normativa         antifumo, ha disposto di fatto un annullamento di una parte della         circolare del Ministero della salute del 17 dicembre 2004.
 La legislazione antifumo è articolata su più livelli imponendo         obblighi giuridici differenti e distinguendo due categorie di         destinatari. Nelle pubbliche amministrazioni, al dirigente, in qualità         di pubblico ufficiale,  è         attribuito il dovere di vigilare e irrogare eventuali sanzioni. I         titolari dei locali aperti al pubblico invece devono segnalare la         trasgressione agli organi competenti.
 La normativa posta a tutela della salute dei non fumatori equipara i         datori di lavoro ai titolari di locali aperti al pubblico (sancendone         gli stessi obblighi) e quindi la sentenza del TAR è valida anche per         tali figure.
 Il TAR del Lazio non ha modificato la parte concernente il divieto di         fumo, ma ha annullato le disposizioni concernenti gli “obblighi         positivi” (il dovere di vigilanza, ammonimento e segnalazione a         pubblico ufficiale; il dovere di richiamare i trasgressori         all’osservanza del divieto; l’obbligo di curare che le infrazioni         siano segnalate al pubblico ufficiale).
 Il TAR ha annullato questi obblighi perché essendo imposti per la         soddisfazione di interessi pubblici, in base all’art. 32 della         Costituzione, devono essere contenuti in una legge e non in una         circolare (i predetti obblighi risultano illegittimi per violazione del         principio di legalità).
 Inoltre i suddetti “obblighi positivi” violano l’articolo n. 41         della Costituzione perché  limiti         all’iniziativa economica privata possono essere posti solo da una         legge.
 In base alla legge n. 584/1975 i responsabili dei locali aperti al         pubblico hanno l’obbligo di esporre i cartelli che sanciscono il         divieto antifumo e non potranno essere sanzionati nel caso in cui non         provvedano ad ammonire un trasgressore presente nel proprio locale.
 Il TAR del Lazio è stato chiamato a decidere anche sull’eccessiva         onerosità dei lavori per la messa a norma dei locali (creazione di aree         fumatori), respingendo tale richiesta poiché non esiste l’obbligo di         creare apposite sale per fumatori (se non per strutture dove le persone         sono costrette a soggiornare come carceri o ospedali psichiatrici).
 Un terzo caso in cui il TAR ha dovuto decidere in materia riguarda la         richiesta dell’annullamento della Circolare del Ministero della Salute         relativamente al divieto di utilizzo di sale miste per fumatori e non         fumatori. Anche in questo caso il TAR (appellandosi alla legge n.         3/2003, che definisce l’applicabilità generale del divieto di fumo)         ha respinto tale richiesta ribadendo la necessità di adeguare i locali         alle prescrizioni previste dal D.P.C.M. del 23 /12/2003 (aree ben         ventilate e delimitate da barriere fisiche, separate dalle altre parti e         segnalate con cartelli luminosi).
Orientamenti igienico-impiantistici
La legge n. 3/2003 consente di fumare nei locali riservati ai fumatori e ,come tali, contrassegnati e adeguati con appositi impianti di ventilazione forzata. È obbligatoria l’installazione di impianti che garantiscano una portata d’aria di 30 l/sec. per persona e il mantenimento di una depressione non inferiore a 5 pascal. Negli esercizi di ristorazione dovrà essere destinata ai fumatori metà della superficie complessiva dei locali.
Nelle aree per fumatori il livello di affollamento non deve superare 0,7 persone per m2, l’aria immessa deve essere prelevata dell’esterno e (secondo la norma UNI EN ISO 7730) non deve superare la velocità di 0,15 m/sec, ottenibile grazie ad un idoneo dimensionamento delle bocchette. Il fumo tende naturalmente verso l’alto, quindi aria fresca dovrà essere immessa dal basso e il fumo stesso estratto dalla parte superiore dell’ambiente. Le bocche di captazione dell’aria esterna devono essere poste in alto e il più lontano possibile da fonti inquinanti (se necessari devono essere montati sistemi di filtrazione).
A separazione dei locali fumatori dal resto del locale deve esserci una porta a molla o una doppia porta. Se previsto un impianto di climatizzazione deve essere collocato un recuperatore di calore che eviti il disperdersi di grandi quantità di energia in atmosfera.
L’obbiettivo di questi accorgimenti è di assicurare il più possibile un’aria salubre confinando ed espellendo il fumo, impedendone la migrazione al di fuori dell’area riservata. Non devono essere introdotti inquinanti dall’esterno.
Da un monitoraggio condotto presso le aree fumatori di 8 alberghi e di 6 uffici è stato rilevato che quando l’indice di affollamento si avvicina al limite, le condizioni di comfort risultavano carenti (con viraggio al giallo delle pareti e odore di fumo impregnato agli abiti dei lavoratori). È stata così predisposta una revisione dell’impianto riguardante il numero e la collocazione delle bocche di ripresa e lo svuotamento più frequente dei posacenere migliorando il benessere collettivo.
In conclusione i responsabili dei locali privati aperti al pubblico e i datori di lavoro possono, a proprio discrezionale giudizio vigilare sul divieto di fumo, ma non sono obbligati a farlo. Numerosi sono i vantaggi generati dal rispetto del divieto di fumo, soprattutto in aziende dove deve essere garantito un ambiente di lavoro salubre. Contrasti potrebbero insorgere a seguito della violazione del divieto di fumo da parte di clienti o lavoratori in quanto ognuno dispone della facoltà di effettuare richiami per ottenere il rispetto del divieto generando discussioni e scontri. Inoltre un altro risvolto negativo del mancato rispetto della normativa è dato dall’eventuale aumento delle richieste di riconoscimento di malattie professionali derivanti dal fumo passivo. Appare chiaro che l’esercente datore di lavoro debba continuare a vigilare sul rispetto del divieto di fumo per evitare di incorrere nel rischio che si verifichino situazioni in grado di mettere in cattiva luce l’azienda.
 
 