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La qualità dell’aria in Europa e la riduzione di aspettativa della vita media

La prossima estate, la Commissione europea presenterà una nuova strategia dettagliata volta a migliorare la qualità dell’aria in Europa. L’iniziativa prende le mosse da una serie di dati scioccanti rivelati da ricerche recenti secondo cui l’impatto dell’inquinamento atmosferico sarebbe maggiore di quanto si credesse in passato, con una riduzione di nove mesi della nostra speranza di vita media e un aumento di malattie respiratorie quali bronchite e asma.

Secondo studi recenti, ogni anno in Europa sono circa 400.000 i decessi prematuri attribuibili all’inquinamento atmosferico e oltre 100.000 i ricoveri ospedalieri in più a causa di malattie dovute agli attuali livelli di particelle sospese nell’aria.
L’impatto sulla salute, inoltre, ha ripercussioni negative sotto il profilo economico: lo studio svolto dal gruppo di ricerca britannico AEA Technology Environment rivela che ogni anno i cittadini europei perdono in media mezza giornata di lavoro per disturbi causati dall’inquinamento atmosferico. Questa situazione per l’UE si traduce in una perdita di miliardi di euro in termini di costi di produttività e il rischio per la salute pubblica è paragonabile a quello degli incidenti in automobile o del tabagismo.Il quadro cambia però da uno Stato membro all’altro. Un secondo studio condotto dall’International Institute for Applied Systems Analysis (Istituto internazionale di analisi dei sistemi applicati), con sede in Austria, rivela infatti che le zone i cui abitanti risentono maggiormente di danni alla salute sono il Benelux, l’Italia settentrionale e alcune regioni dei nuovi Stati membri dell’Europa orientale, in particolar modo Polonia e Ungheria (vedere mappa), nonostante, negli anni ’90, in vista dell’adesione all’UE, molti paesi appartenenti all’ex blocco comunista avessero compiuto passi da gigante nel miglioramento della qualità dell’aria grazie alla chiusura di stabilimenti obsoleti e altamente inquinanti. Non sorprende affatto che la concentrazione di inquinamento sia maggiore nella città e nelle zone industrializzate, a causa, tra l’altro, della presenza di impianti di riscaldamento e raffreddamento negli edifici e delle emissioni da trasporto e da processi industriali.

Riduzione dell’aspettativa di vita media (in mesi) a causa di antropogenici PM 2,5

Si deve fare di più

La legislazione europea ha già contribuito al miglioramento della qualità dell’aria riducendo la quantità di piombo presente nella benzina e il limite di emissioni da trasporto su strada e da processi industriali. Significativo è poi il numero delle direttive volte a monitorare le emissioni provenienti da fonti specifiche quali, ad esempio, gli impianti termici, i motori di veicoli agricoli e forestali, i solventi e le vernici. Rispetto a 20 anni fa si è in genere verificata una riduzione del 90-95% delle emissioni di sostanze inquinanti prodotte dai singoli veicoli e dalle centrali elettriche. In aprile di quest’anno è stata inoltre approntata una direttiva che intende porre un freno alle emissioni di anidridi solforose da trasporto marittimo. Tuttavia, studi recenti sembrano dimostrare come non ci si possa ancora lasciare andare all’autocompiacimento.

Al momento, uno dei principali rischi per la salute dovuti all’inquinamento atmosferico è costituito dal cosiddetto “materiale particolato” (PM), una definizione che comprende l’insieme di polveri o particelle sospese nell’atmosfera il cui diametro viene misurato in milionesimi di metro. Queste particelle minuscole, con diametri inferiori a 10 milionesimi di metro o di dimensioni persino più ridotte (PM10 o inferiore), possono essere inalate facilmente e penetrare a fondo nei polmoni, provocando l’insorgenza di gravi malattie cardiache e respiratorie. Di fatto, si ritiene che decine di migliaia di decessi prematuri in Germania, Italia, Francia e in tutto il territorio dell’UE siano imputabili proprio al materiale particolato.

Un’ulteriore minaccia è rappresentata dall’ozono troposferico, o smog fotochimico: mentre l’ozono presente nella stratosfera è fondamentale per proteggerci dai raggi ultravioletti dannosi emessi dal sole, se respirato sulla superficie terrestre può dare origine a infiammazioni delle vie respiratorie e danni ai polmoni, provocando tosse, attacchi di asma, infezioni polmonari di origine batterica e di conseguenza, se presente a livelli elevati, il decesso prematuro di soggetti particolarmente sensibili.

L’inquinamento atmosferico si ripercuote anche sull’ambiente. Nonostante l’impegno profuso con l’obiettivo di ridurre l’acidificazione sul territorio dell’UE abbia già dato i suoi frutti, le piogge acide continuano ad essere un’insidia per i 240.000 km2 di foreste europee e le conseguenze dell’acidificazione sono ormai irreversibili nel caso di alcuni laghi in Scandinavia. Si tratta di un fenomeno che intacca i materiali organici e alcuni metalli, provocando così anche l’erosione degli edifici e la distruzione del nostro patrimonio culturale. La presenza di elevate concentrazioni di azoto in ambienti terrestri e acquatici, inoltre, dà origine al fenomeno dell’eutrofizzazione (un’eccedenza di sostanze nutrienti che stimola la proliferazione di alghe e provoca altri effetti negativi) e mette a repentaglio la biodiversità nel 45% degli ecosistemi terrestri dell’UE, mentre lo smog fotochimico e l’ozono risultano nocivi per i raccolti.

Tratto da: “l’ambiente per gli europei”, periodico della DG Ambiente