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Smart working e sicurezza sul lavoro

Durante e dopo lo stato di emergenza dovuto alla pandemia, nel nostro paese ha preso sempre più importanza discutere di smart working.

Qual è la differenza tra telelavoro e smart working?

Una prima preoccupazione di qualsiasi datore di lavoro è quella di dover rivedere le regole per il corretto svolgimento della prestazione di lavoro al di fuori dei locali aziendali. Molti di loro hanno subito pensato che bisognasse ripensare al lavoro in quanto veniva svolto da casa. Il punto fondamentale da tenere a mente è che lo smart working non si svolge necessariamente presso la propria abitazione. Non vi sono vincoli di orario o di luogo, ma soltanto a livello di obiettivi. Ed ecco perché il datore di lavoro deve comprendere la differenza tra telelavoro e smart working, in modo da individuare i comportamenti corretti per garantire il massimo della sicurezza quando si opera tramite lavoro agile.

  • Il telelavoro:

Il telelavoro è il lavoro da casa. Il dipendente deve presentarsi online al momento dell’inizio del suo turno e rimanere fino alla fine. Il luogo di lavoro coincide con l’abitazione e questo significa che il dipendente svolge le stesse mansioni, negli stessi momenti, cambia solo il luogo in cui avviene la prestazione lavorativa.

  • Smart working:

Lo smart working è un’evoluzione flessibile del telelavoro. Non è obbligatorio che vi sia un luogo fisso da concordare con il datore di lavoro. Si tratta di una soluzione temporanea che viene adottata in base alle esigenze di lavoratore e azienda e che presenta tutta una serie di benefici.

Cosa prevede la normativa sul lavoro agile?

Nel 2017 si è sentita l’esigenza di distinguere il telelavoro dalla nascente modalità dello smart working. Così, è stata varata la legge sul Lavoro agile, o Jobs Act, (L. n. 81/2017) che prevede una serie di normative per gestire al meglio il lavoro da remoto. La legge sul lavoro agile va a sostituire le indicazioni degli ormai datati D.P.R. n. 70/1999 e accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002. Queste normative, insieme al Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro, si concentrava sulla sicurezza in relazione all’uso delle attrezzature, ignorando rischi ambientali e legati alla dislocazione della prestazione lavorativa.

Quali sono le responsabilità del datore di lavoro in materia di sicurezza dello smart worker?

Vista l’autonomia offerta agli smart workers, è necessario che il datore di lavoro organizzi lo smart working in modo efficiente. Egli deve concentrarsi su quattro aspetti:

  • generare delle policy organizzative, quindi regole su luoghi di lavoro, orari in modalità agile, personalizzazione degli strumenti di lavoro;
  • fornire i giusti strumenti e applicazioni per svolgere il lavoro fuori dai locali aziendali e garantire anche la corretta informazione in merito per consentire lo svolgimento delle mansioni, anche da remoto, in modo produttivo e senza stress;
  • fornire direttive su come organizzare gli spazi di lavoro in modalità agile per fare in modo che i lavoratori possano essere produttivi, ma anche tutelando la loro salute e sicurezza;
  • rivedere la leadership e il controllo del lavoro svolto. I datori di lavoro hanno infatti il compito di assicurarsi che i lavoratori svolgano le loro attività in sicurezza e secondo il contratto stipulato all’inizio del rapporto.

Cosa dice il Protocollo sul lavoro agile in merito alla sicurezza sul lavoro e gli infortuni professionali?

L’art. 6 e l’art. 7 del Protocollo si soffermano sulla salute e sicurezza sul lavoro e sugli infortuni e malattie professionali.

Il Protocollo stabilisce che per i lavoratori agili, in materia di salute e sicurezza, trova applicazione la “disciplina di cui agli artt. 18, 22 e 23 della L. n. 81/2017” e gli obblighi di salute e sicurezza “di cui al d.lgs. n. 81/2008 e s.m.i. alle prestazioni rese all’esterno dei locali aziendali, ossia quelli relativi agli obblighi comportamentali, anche in merito alle dotazioni tecnologiche informatiche, laddove fornite dal datore di lavoro ai sensi del precedente art. 5, per i quali è prevista la consegna dell’informativa scritta”.

In particolare il datore di lavoro “garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e fornisce tempestivamente a tale lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza aziendale o territoriale, in occasione delle modifiche delle modalità inerenti allo svolgimento del lavoro agile rilevanti ai fini di salute e sicurezza e, comunque, con cadenza almeno annuale, l’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Rimane fermo l’obbligo per i lavoratori di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione di lavoro agile”.

Inoltre la prestazione effettuata in modalità di lavoro agile “deve essere svolta esclusivamente in ambienti idonei, ai sensi della normativa vigente in tema di salute e sicurezza e per ragione dell’esigenza di riservatezza dei dati trattati”.

Questo protocollo in materia di smart working si sofferma anche sulle tutele per infortuni e malattie professionali.

Il lavoratore agile ha, infatti, diritto alla tutela “contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali”. E il datore di lavoro garantisce la copertura assicurativa INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, “anche derivanti dall’uso dei videoterminali, nonché la tutela contro l’infortunio in itinere, secondo quanto previsto dalla legge”.

Cosa dice il Protocollo sul lavoro agile in merito alla formazione e alle pari opportunità?

Si indica poi (art. 13) che per “garantire a tutti i fruitori del lavoro agile, pari opportunità nell’utilizzo degli strumenti di lavoro e nell’arricchimento del proprio bagaglio professionale, nonché al fine di diffondere una cultura aziendale orientata alla responsabilizzazione e partecipazione dei lavoratori”, le Parti sociali ritengono necessario “prevedere percorsi formativi finalizzati a incrementare specifiche competenze tecniche, organizzative, digitali, anche per un efficace e sicuro utilizzo degli strumenti di lavoro forniti in dotazione. I percorsi formativi potranno interessare anche i responsabili aziendali ad ogni livello”, al fine di acquisire migliori competenze per la gestione dei gruppi di lavoro smart working.

Le Parti sociali ritengono, poi che, a fronte della rapida evoluzione dei sistemi e degli strumenti tecnologici, “l’aggiornamento professionale sia fondamentale per i lavoratori posti in modalità agile e pertanto convengono che, al fine di garantire un’adeguata risposta ai loro fabbisogni formativi, essi devono continuare a essere inseriti anche nei percorsi professionali e di sviluppo professionale rivolti alla generalità dei dipendenti, come previsto dall’art. 20, comma 2, l. n. 81/2017. Va dunque favorita, anche con eventuali incentivi, la formazione continua. Difatti, l’aggiornamento professionale è tanto più necessario per i lavoratori in modalità agile, considerando la rapida evoluzione dei sistemi e degli strumenti tecnologici”.

Si indica che le Parti sociali ritengono necessario “gestire lo sviluppo digitale attraverso un utilizzo appropriato della tecnologia, evitando qualsiasi forma di invasione nella vita privata, nel pieno rispetto della persona. Pertanto, è necessario promuovere corsi di formazione per tutto il personale per un uso responsabile delle apparecchiature tecnologiche, evitando abusi dei canali digitali”. E comunque “resta fermo e impregiudicato il diritto alla formazione c.d. obbligatoria in materia di tutela della salute dei lavoratori e di protezione dei dati, da erogarsi nelle modalità più coerenti con lo svolgimento del lavoro agile”.

Il Protocollo si sofferma anche su parità di trattamento e pari opportunità (art. 9).

Infatti si indica che ciascun lavoratore agile ha diritto, rispetto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dei locali aziendali, allo “stesso trattamento economico e normativo complessivamente applicato, anche con riferimento ai premi di risultato riconosciuti dalla contrattazione collettiva di secondo livello, e alle stesse opportunità rispetto ai percorsi di carriera, di iniziative formative e di ogni altra opportunità di specializzazione e progressione della propria professionalità, nonché alle stesse forme di welfare aziendale e di benefit previste dalla contrattazione collettiva e dalla bilateralità”.

Inoltre le Parti sociali promuovono lo svolgimento del lavoro in modalità agile, garantendo la parità tra i generi, anche per favorire l’effettiva condivisione delle responsabilità genitoriali e accrescere la conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro.

Concludiamo segnalando che il documento riporta informazioni anche in merito a:

  • diritti sindacali
  • welfare e inclusività
  • lavoratori fragili e disabili.