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Infortunio sul lavoro per contagio COVID-19: le 10 domande più frequenti

La pandemia in atto ha causato una situazione di crisi, che ci ha indotti a ripensare l’organizzazione del mondo del lavoro, in modo tale da sfruttare in maniera più efficace alcuni strumenti offerti dalla tecnologia e i sempre più rapidi progressi tecnici.

Se, da un lato, lo smart working è diventata una realtà più comune, e sono già numerosissimi i servizi erogati a distanza, dall’altro resta un elevato numero di categorie di lavoratori la cui presenza sul luogo di lavoro è imprescindibile: personale sanitario, operatori del settore alimentare e del settore turistico, solo per citarne alcuni.

Questi ultimi, date le condizioni proprie della loro attività lavorativa, sono esposti ad un constante ed elevato rischio di contagio, e perciò – nel rispetto dei principi di giustizia del lavoro – se contraggono il virus in questo contesto, hanno diritto all’indennità generalmente spettante in caso infortunio.

Cerchiamo, allora, di fare chiarezza sull’argomento, rispondendo alle 10 domande più diffuse:

COVID-19 e lavoro: certificato di malattia comune o denuncia di infortunio?

L’infezione da COVID-19 viene qualificata come malattia comune se il virus è stato contratto al di fuori del contesto di lavoro (per esempio, in famiglia), mentre viene considerato infortunio se il contagio è avvenuto nell’ambito dell’attività lavorativa.

Quale Istituto tutela i lavoratori che hanno contratto il COVID-19?

All’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) pertiene la tutela di tutti i lavoratori del settore privato che abbiano contratto il contagio in un contesto diverso da quello di lavoro, secondo le condizioni e la procedura previste in tutti i casi di malattia comune; all’INAIL (Istituto nazionale Assicurazione infortuni sul Lavoro), invece, spetta quella dei lavoratori che abbiano contratto il contagio nel contesto lavorativo.

Quali categorie di lavoratori hanno diritto alla tutela assicurativa?

La tutela assicurativa riguarda tutti i casi nei quali sia assicurata la correlazione con il lavoro, come ha stabilito la normativa emergenziale (e, nello specifico, l’art. 42 del d.l. 17 marzo 2020), recependo l’orientamento dell’Inail, che, rifacendosi alle linee-guida per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, equipara la causa virulenta dell’infortunio a quella violenta.

Nello specifico, per le categorie per cui si sia manifestato il cosiddetto “rischio specifico” vale la semplice presunzione di esposizione professionale, e non è necessaria la procedura di accertamento medico-legale.

Quali categorie di lavoratori si possono avvalersi della presunzione di esposizione professionale?

L’Inail, rispondendo alle domande più frequenti su questo argomento, chiarisce che questo principio deve essere applicato a tutte “le attività lavorative che comportano il costante contatto” con il pubblico o l’utenza. L’Istituto aggiunge che queste attività sono varie e numerose, e perciò non è possibile stilarne un elenco completo, ciononostante cita alcune categorie di lavoratori: “operatori sanitari, lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno delle strutture sanitarie con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi”.

Il caso del personale sanitario: infortuni sul lavoro o malattie professionali?

I casi accertati di infezione da coronavirus tra il personale sanitario (vale a dire medici, infermieri e operatori sanitari in genere) devono essere considerati come casi di infortunio sul lavoro.

I necessari chiarimenti in merito sono stati forniti nella nota del 17 marzo 2020, diffusa dalle sezioni dell’Inail di competenza per la tutela dell’infortunato, avendo sottoposto a valutazione le richieste delle Aziende sanitarie locali.

Nella nota l’Istituto precisava che la tutela assicurativa viene garantita “laddove sia accertata l’origine professionale del contagio”, cioè se questo è “avvenuto nell’ambiente di lavoro, oppure per causa determinata dallo svolgimento dell’attività lavorativa”, ma che viene estesa anche alle ipotesi in cui vi siano delle difficoltà nell’identificazione delle cause precise, e delle circostanze del contagio.

Questo significa che, anche se il datore di lavoro non può determinare o provare l’episodio che ha determinato il contagio, è legittimo presumere che quest’ultimo si sia verificato a causa dell’esposizione al virus, nel corso dell’attività lavorativa.

Quali sono le responsabilità del datore di lavoro?

Il datore di lavoro è tenuto a presentare denuncia o comunicazione di infortunio ai sensi dell’art. 53 del dpr 30 giugno 1965, n. 1124 e s.m., esattamente come in altri casi di infortunio. Il certificato di infortunio sarà redatto dal medico certificatore, il quale dovrà provvedere anche alla trasmissione della documentazione all’Inail, che, in seguito a un debito controllo, garantirà la relativa tutela dell’infortunato.

Al datore spetta, inoltre, il pagamento dell’intera retribuzione per la giornata in cui ha avuto luogo l’infortunio, vale a dire l’accertamento della positività, e, con una riduzione del 40%, per i 3 giorni successivi.

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità civile e penale del datore nel contagio del lavoratore: questa può essere ipotizzata soltanto in caso di violazione della legge, o dei comportamenti previsti dal Protocollo sottoscritto, in accordo con il Governo, il 6 aprile 2021, allo scopo di far fronte all’emergenza epidemiologica.

Da quando e per quanto tempo è garantita la tutela assicurativa?

La tutela assicurativa è garantita a partire dalla data in cui si attesta la positività al COVID-19, per mezzo di tampone o altro tipo di test.

Come si legge nella circolare emessa dall’Inail il 20 maggio 2020, con i contributi del Ministero del Lavoro – secondo quanto disposto dalla legislazione con l’art. 42 del decreto Cura Italia – nei casi accertati di infezione, la prestazione Inail viene erogata anche “per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro”.

Occorre, comunque, fare attenzione a non superare la durata del cosiddetto periodo di comporto: infatti, nel caso in cui questo venga superato, il datore di lavoro può disporre il licenziamento del dipendente.

In caso di morte del lavoratore a seguito di infortunio sul lavoro, l’Inail provvederà ad erogare ai membri superstiti della sua famiglia una rendita, distribuita secondo percentuali che variano da un membro all’altro.

L’assenza lavorativa per quarantena è coperta dal certificato di infortunio?

No. Secondo le prescrizioni della legge, non può beneficiare della tutela assicurativa il dipendente che, per assicurare la prevenzione della diffusione del contagio, sia sottoposto ad un periodo di quarantena, oppure a un periodo di sorveglianza sanitaria con isolamento fiduciario: infatti, in questi casi manca la prova di accertamento della contrazione dell’infezione.

Se, però, il dipendente che si trova in questa condizione risultasse positivo al tampone, o ad altro test di conferma, avrebbe diritto alla tutela assicurativa per tutta la durata del periodo di quarantena, e per quello successivo, in caso di prolungamento della malattia.

Sono tutelati anche i casi di infezione avvenuti in itinere?

Può accadere che il dipendente contragga il virus durante il tragitto da casa a lavoro (o viceversa) – specialmente se viaggia utilizzando i mezzi pubblici – e non durante lo svolgimento dell’attività lavorativa. In tal caso, l’evento infettante viene equiparato a tutti gli altri fattori di rischio connessi al tragitto da casa a lavoro (e viceversa) – quali ad esempio gli accidenti connessi alla circolazione stradale – e quindi viene considerato un “infortunio in itinere”.

La tutela assicurativa si applica anche in caso di rifiuto del vaccino?

Sì. Se il dipendente si contagia sul luogo di lavoro, dopo aver rifiutato il vaccino, ha comunque diritto alla tutela assicurativa fornita dall’Inail ma non al risarcimento da parte del datore di lavoro. È stato affermato nella nota operativa diffusa il 1° marzo 2021 dall’Inail, che ha così precisato: “l’assicurazione gestita dall’Inail ha la finalità di proteggere il lavoratore da ogni infortunio sul lavoro, anche da quelli derivanti da colpa, e di garantirgli i mezzi adeguati allo stato di bisogno derivante dalle conseguenze che ne sono derivate”.