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Gestione delle acque di dilavamento e lavaggio superficiali

Le acque di origine meteorica non rappresentano una forma immediata e diretta di inquinamento.
Tuttavia in molte attività industriali possono sussistere condizioni in cui in relazione alla tipologia produttiva si determinano depositi di prodotti o sostanze di varia natura sul suolo, che il deflusso della pioggia può far defluire nel sottosuolo o in corpi ricettori superficiali e sotterranei. Da ciò ne derivano reflui che non possono essere assimilabili a scarichi civili.
Si possono considerare acque provenienti da attività di lavaggio/pulizia delle pavimentazioni sulle quali è riscontrabile la presenza di sostanze inquinanti. La normativa vigente in materia di inquinamento delle acque (Legge 319/76, D.lgs 152/99, D.lgs 258/2000) comprende come nozione di scarico qualsiasi versamento di reflui a prescindere dalle modalità e frequenza con le quali viene attuato. La normativa nazionale demanda alle Regioni i poteri di individuare e disciplinare i casi in cui le acque di meteoriche e di dilavamento debbano essere convogliate e trattate in impianti di depurazione.
Con l’emanazione del D.lgs 258/2000 viene rivista la questione legata alle acque meteoriche e di dilavamento e acque di prima poggia. In particolare, il decreto demanda alle regioni la disciplina dei casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione in ragione del fatto che la tipologia della attività svolta possa comportare il rischio di dilavamento dalle superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose.
Il quadro attuale in relazione alla normativa vigente in materia (D.lgs 152/99 come modificato ed integrato dal D.lgs 258/2000) risulta quello che nei casi in cui le acque meteroriche o di lavaggio risultino interconnesse con il ciclo produttivo e risultino convogliate in condotta, sussistono le condizioni per riconoscere nelle stesse uno scarico di acque reflue industriali.