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La manutenzione delle tute da lavoro: a carico del datore di lavoro solo se protettive

nasa-monkeyL’obbligo del datore di lavoro di lavare e manutenere le tute da lavoro dei dipendenti scatta unicamente qualora esse abbiano la funzione di tutelare la salute. Al di fuori di queste ipotesi, dunque, non spetta alcun risarcimento al lavoratore che vi abbia provveduto in proprio e spetta al lavoratore provvedere alla manutenzione degli abiti da lavoro, tra cui il lavaggio periodico.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 13745 del 17 giugno 2014, rigettando il ricorso di un autista alle dipendenze del Comune di Napoli.

“L’idoneità degli indumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori (…) deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma anche durante l’intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa. Le norme suindicate, infatti, finalizzate alla tutela della salute quale oggetto di autonomo diritto primario assoluto (art. 32 Cost.), solo nel suddetto modo conseguono il loro specifico scopo che, nella concreta fattispecie, è quello di prevenire l’insorgenza e il diffondersi d’infezioni. Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può non essere a carico del datore di lavoro, quale destinatario dell’obbligo previsto dalle citate disposizioni”.

La normativa
Come noto, l’art. 32, comma primo, della Costituzione, sancisce la “tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Inoltre, l’art. 2087 cod. civ. dispone che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

Con riferimento, alle altre norme, richiamate dalla sentenza, l’art. 40, D. Lgs. n. 626/94, definisce il dispositivo di protezione individuale (DPI) come “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”. Pertanto, si precisa che non sono dispositivi di protezione individuale gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificatamente destinate a proteggere la salute e la sicurezza del lavoratore.

A tale riguardo, infatti, anche il Ministero del Lavoro ha precisato che gli indumenti di lavoro non sono necessariamente destinati ad una funzione protettiva, ma possono assolvere a varie funzioni come, ad esempio, quella di elemento distintivo di appartenenza aziendale, di mera preservazione degli abiti civili, ecc..

Infine, l’art. 43 del citato Decreto, al terzo e quarto comma, pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di fornire ai dipendenti i predetti dispositivi e di mantenerli in efficienza e di assicurarne le condizioni di igiene mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie.

La sentenza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, ritenendo infondato il presupposto su cui lo stesso era fondato.

Infatti, è emerso, che per lo svolgimento della sua mansione non era previsto l’obbligo dell’utilizzo degli indumenti di protezione individuale (DPI), individuati ai sensi dell’art. 40, del D. Lgs. n. 626/94.

In secondo luogo, è stato appurato come gli indumenti in questione fossero solamente delle normali tute da lavoro, che per la mancanza di determinate caratteristiche tecniche non potevano essere considerate degli strumenti di protezione individuale. Peraltro, proprio al fine di proteggere tali indumenti dallo sporco, l’Azienda ha sempre messo a disposizione dei dipendenti, che ne facessero richiesta, delle apposite tute monouso.

Premesso che il suddetto art. 40, citato dagli stessi ricorrenti, dispone, tra l’altro, che“non sono dispositivi di protezione individuale gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificatamente destinate a proteggere la salute e la sicurezza del lavoratore”, i Magistrati hanno confermato il principio secondo il quale l’onere di manutenzione degli indumenti di lavoro (ivi inclusa la pulizia) grava sul datore di lavoro solamente nel caso in cui l’indumento stesso assolva ad una specifica funzione di protezione della salute dei lavoratori (in caso di DPI).