Videosorveglianza: il garante contesta operato aziende della grande distribuzione
A seguito di attività ispettiva eseguita nel settore della grande distribuzione, per mezzo del Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza, il Garante della Privacy ha rilevato che numerose società non hanno rispettato le garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori, dalla normativa sulla privacy e dal provvedimento generale in materia di videosorveglianza predisposto dalla stessa Autorità.
Dagli accertamenti disposti dal Garante, è emerso, che diverse aziende sottoposte a verifica avevano installato impianti di videosorveglianza senza un preventivo accordo sindacale o richiesto l’apposita autorizzazione al competente ufficio del Ministero del lavoro .
A tal proposito, l’Autorità ha sottolineato che non è sufficiente che i lavoratori siano stati informati o che abbiano addirittura acconsentito all’installazione delle telecamere per far venir meno le specifiche tutele previste dalla normativa o lo stesso divieto di controllo a distanza.
Dalle verifiche condotte dal Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza, sono state riscontrate anche altre violazioni: alcuni esercizi commerciali conservavano le immagini per un arco temporale non giustificato da esigenze specifiche (ad esempio, per ripetuti furti o rapine) così come invece stabilito dal provvedimento generale del Garante in materia di videosorveglianza. Altre aziende, non avevano provveduto a segnalare adeguatamente la presenza delle telecamere con appositi cartelli o avevano omesso di indicare chi fosse il titolare del trattamento.
L’Autorità ha dichiarato illecito il trattamento dei dati personali effettuato dalle società tramite i sistemi di videosorveglianza e ha disposto che tutti gli esercizi commerciali si adeguino entro trenta giorni alle misure prescritte alla luce della normativa sulla privacy e dallo Statuto dei lavoratori.
In particolare è necessario per le aziende:
– Richiedere l’autorizzazione al Ministero del Lavoro riguardo l’installazione delle telecamere.
– Informare i lavoratori circa l’utilizzo delle telecamere ai soli fini di garantire il controllo di furti e rapine, e posizionate in modo da non riprendere il lavoro dei dipendenti.
– Indicare il nominativo del titolare.
– Adottare le misure minime di sicurezza nel rispetto di un livello elevato di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali nonché della dignità degli interessati rispetto al trattamento dei dati personali effettuato mediante l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza . (cfr. art. 2 del Codice nonché la legge n. 300/1970, Titolo I “Della libertà e dignità del lavoratore”)
– Conservare le registrazioni secondo quanto stabilito dal Garante (punto. 3.4 – provvedimento in materia di videosorveglianza). (Nei casi in cui sia stato scelto un sistema che preveda la conservazione delle immagini, in applicazione del principio di proporzionalità (v. art. 11, comma 1, lett. e),del Codice), anche l’eventuale conservazione temporanea dei dati deve essere commisurata al tempo necessario – e predeterminato – a raggiungere la finalità perseguita. La conservazione deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle ventiquattro ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria. Solo in alcuni casi, per peculiari esigenze tecniche (mezzi di trasporto) o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento (ad esempio, per alcuni luoghi come le banche può risultare giustificata l’esigenza di identificare gli autori di un sopralluogo nei giorni precedenti una rapina), può ritenersi ammesso un tempo più ampio di conservazione dei dati che, sulla scorta anche del tempo massimo legislativamente posto per altri trattamenti, si ritiene non debba comunque superare la settimana”).
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