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Cassazione: impianto di videosorveglianza legittimo anche senza accordo sindacale o autorizzazione dell’ispettorato del Lavoro

La Corte di Cassazione, sez. III Penale, con la sentenza del 14 dicembre 2020, n. 3255 (depositata il 27 gennaio 2021), ha stabilito che il datore di lavoro non commette reato se si avvale dello strumento della videosorveglianza, per reprimere comportamenti illegittimi da parte dei lavoratori.

Questa decisione solleverà numerose discussioni, soprattutto in ambito sindacale, in quanto la sentenza ha di fatto annullato una precedente decisione del Tribunale di Viterbo che aveva sanzionato un imprenditore per aver ripreso un dipendente con l’impianto di videosorveglianza.

In sostanza, la Cassazione sostiene la propria sentenza che lo Statuto dei Lavoratori non impedisce, ai datori di lavoro, di utilizzare lo strumento della videosorveglianza per proteggere il patrimonio aziendale e quindi attuare controlli difensivi specifici, in quanto questo non viola quanto previsto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Attenzione, questa sentenza non legittima un controllo generalizzato ed incontrollato da parte dei Datori di lavoro, infatti sarà sempre vietato installare telecamere nascoste negli uffici dei dipendenti e sarà sempre vietato utilizzare le riprese per dimostrare l’inadempimento alle attività lavorative (es. pause caffè numerose e prolungate, navigazione su internet ecc.).

Ribadiamo che è vietato spiare il comportamento dei dipendenti in modo generico, mentre è possibile perseguire specifici comportamenti di dipendenti che possono mettere il pericolo il patrimonio aziendale. Questo principio si basa un equo e ragionevole bilanciamento fra le disposizioni costituzionali a tutela della dignità e libertà del lavoratore ed il libero esercizio delle attività imprenditoriale.

La materia è molto delicata, e solitamente, per installare un impianto di videosorveglianza in un ambiante di lavoro è necessario un accordo sindacale, oppure in alternativa, l’autorizzazione da parte dell’ispettorato del lavoro.

Questa sentenza come accennato apre nuovi scenari, siamo tutti concordi nell’affermare che le immagini sono uno strumento probatorio molto forte e che possono aiutare nella ricostruzione di una scena criminale, ma l’utilizzo delle stesse dovrà essere effettuato con estrema attenzione da parte dei datori di lavoro, per non incorrere in sanzioni amministrative e inutilizzabilità delle immagini raccolte.