Come arginare le emissioni dovute al traffico aereo?
La crescita dell’economia globale e la popolarità delle compagnie aeree low-cost hanno mandato il traffico aereo alle stelle. Il numero di passeggeri è aumentato circa del 9% annuo negli ultimi 45 anni (una percentuale pari a 2,4 volte l’aumento medio del prodotto interno lordo) e del 14% nel solo 2004.
Il numero di aerei presenti nei cieli di tutto il mondo è destinato a raddoppiare entro il 2020. L’altro lato della medaglia di questa espansione è tuttavia rappresentato dal suo forte impatto sul clima: se le emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE (tanto per portare un esempio concreto) sono infatti diminuite del 3% fra il 1990 e il 2002, le emissioni di anidride carbonica (CO2) dovute al traffico aereo internazionale sono invece aumentate del 70% circa.
Nel 2002, la CO2 prodotta dall’aviazione internazionale ammontava al 12% circa delle emissioni totali prodotte dai trasporti a livello nazionale. Ma gli effetti negativi del traffico aereo non si fermano qui: le emissioni di ossidi di azoto (NOx) degli aeromobili, ad esempio, generano ozono se prodotte ad altitudini di crociera e causano la formazione delle scie di condensazione e dei cirri, altri colpevoli del riscaldamento globale. Nel 1999, il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) stimò che gli effetti negativi totali dovuti al traffico aereo erano da due a quattro volte maggiori rispetto agli effetti dovuti alle sue sole emissioni di CO2 (pur non includendo i cirri, il cui impatto non è definibile con certezza, ma resta comunque potenzialmente elevato).
A puro titolo d’esempio: con un volo di andata e ritorno da Londra a New York per ogni due passeggeri, si forma una quantità di anidride carbonica pari a quella prodotta da un’automobile europea di media cilindrata in un anno intero!
Né il Protocollo di Kyoto sul cambiamento climatico né le politiche europee attualmente in vigore sono in grado di risolvere il problema delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dal traffico aereo internazionale e gli sforzi compiuti in questo senso tramite l’ICAO, l’organizzazione dell’aviazione civile internazionale, finora non sono serviti a molto.
Agire urgentemente
In seno all’Unione europea prende sempre più piede l’idea che l’inattività non sia un’opzione contemplabile e per questo motivo la Commissione sta valutando in che modo includere il settore aereo nella sua strategia globale contro il cambiamento climatico.
È già stata avviata una consultazione tramite Internet per sondare il grado di consapevolezza dei cittadini riguardo agli effetti della flotta aerea internazionale sul cambiamento climatico e per raccogliere le loro opinioni sulle politiche da approntare. In questo contesto, la Commissione consulterà inoltre l’industria dell’aviazione, le ONG e le altre parti in causa.
La Commissione sta anche esaminando vari strumenti di mercato, seguendo un principio generale: quanto più i prezzi riflettono realmente i costi esterni, tanto più i consumatori terranno in considerazione i costi globali di un volo e tanto maggiore sarà l’incentivo per produttori e compagnie aeree a investire in tecnologie ecocompatibili e per gli operatori a modificare i propri metodi di lavoro. Questo approccio potrebbe essere inoltre associato a politiche di efficienza dei costi, utili a promuovere l’innovazione tecnologica.
I ministri delle finanze dell’UE, ad esempio, concordano sulla possibilità di introdurre imposte sull’aviazione. Esiste poi anche l’eventualità di applicare tasse sulle emissioni o di includere gli aeroplani nel sistema per lo scambio di quote di emissioni dell’UE. Il Regno Unito ha già fatto sapere che analizzerà a fondo quest’ultima opzione nel suo semestre di presidenza europea nella seconda metà del 2005.
Tratto da Ambiente per gli europei Periodico della direzione generale Ambiente